Sul crac della società barese Divania, che si occupava della produzione di divani e fu dichiarata fallita nel 2016, ci sarà un processo. Accogliendo le richieste della procura, il giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Bari Francesco Pellecchia ha rinviato a giudizio 16 ex manager e funzionari di Unicredit, tra i quali gli ex ad Federico Ghizzoni e Alessandro Profumo. L’accusa contestata è di bancarotta fraudolenta per 14 imputati, mentre in due rispondono di estorsione. Secondo l’accusa, gli imputati – a seconda dei ruoli – avrebbero ingannato il titolare dell’azienda, Francesco Saverio Parisi, inducendolo a sottoscrivere 203 contratti derivati che in pochi anni avrebbero portato la società al dissesto e al successivo fallimento. Il dibattimento prenderà il via il 5 maggio.
Sul banco degli imputati, oltre a Profumo e Ghizzoni, ci saranno Mario Aramini, ex direttore generale Unicredit, Alfredo Protino, ex responsabile direzione regionale Centro-sud Roma, Francesco Conteduca, ex direttore crediti Centro-sud, Giuseppe Cittadino, ex procuratore speciale per la stipula della convenzione dell’istituto, Luca Fornoni e Davide Mereghetti, ex responsabili unità organizzativa direzione finanza, Luigi Boccadoro, ex responsabile filiale di Bari, Giorgio Madonna, specialista prodotti derivati filiale di Bari, Francesco Antonio Ferrucci, ex responsabile filiale Bari, Flavio Carlo Maria Giannulo, Antonio De Santo, Valentino Fanelli e Pasquale Roberto Vinella, gestori Corporate; Mario Di Biase, ex gestore Corporate. Tutti (tranne Aramini e Cittadino) rispondono di diverse ipotesi di bancarotta. Aramini e Cittadino sono accusati di estorsione nei confronti di Parisi, in concorso con Boccadoro e Protino. Nell’udienza preliminare l’imprenditore Francesco Saverio Parisi, del tutto estraneo al fallimento, si è costituito parte civile insieme a un centinaio di ex suoi dipendenti.
Stando alle indagini, coordinate prima dall’ex pm di Bari Isabella Ginefra e poi dal pm Lanfranco Marazia, Unicredit dopo avere convinto Parisi a sottoscrivere i contratti derivati assicurandogli che si trattava di una operazione a costo zero, avrebbe invece distratto più di 183 milioni di euro dai conti correnti della società Divania, senza autorizzazione del correntista, per portare a temine l’operazione. Avrebbe così contribuito al fallimento, nel 2011, dell’azienda di divani con sede nella zona industriale di Bari-Modugno, chiusa da allora con il conseguente licenziamento degli oltre 400 lavoratori.
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venerdì, 14 Febbraio 2020 - 13:37
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