‘Ndrangheta, il senatore di Fi Siclari rischia i domiciliari e si difende su Facebook: «Mai chiesto niente in cambio»

siclari marco
Il senatore di Forza Italia Marco Siclari

«Sono convinto che c’è stato un errore che verrà chiarito facendo leva sulle carte dell’inchiesta». Il senatore di Forza Italia Marco Siclari affida ad un lungo post sulla personale pagina Faceook la sua difesa. La procura della Repubblica di Reggio Calabria ha chiesto il suo arresto nell’ambito dell’inchiesta ‘Eyphemos’ che ha teorizzato il condizionamento del Comune di Sant’Eufemia di Aspromonte e che ipotizzato un sostegno elettorale della malavita, alle ultime elezioni regionali, in favore di Domenico Creazzo, sindaco di Sant’Eufemia di Aspromonte e poi eletto consigliere regionale con 8033 preferenze nella lista di Fratelli d’Italia.

Creazzo è stato posto ai domiciliari con l’accusa di scambio elettorale politico-mafioso, Siclari invece dovrà attendere che sia Palazzo Madama a decidere delle sue sorti. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale reggino, Tommasina Cotroneo, ha, infatti, emesso nei suoi confronti un provvedimento restrittivo ai domiciliari, accogliendo le istanze della procura, ma l’esecuzione – come prevede la legge – è sospesa. Dovrà essere il Senato a decidere per l’autorizzazione a procedere.

Ma di cosa è accusato Siclari? Anche lui risponde di scambio elettorale politico-mafioso. Per gli inquirenti la sua elezione alle Politiche del 2018 sarebbe frutto del sostegno della cosca di Alvaro, la stessa cosca alla quale Creazzo si sarebbe rivolto per il tramite del fratello Antonio. Agli atti vi è anche un incontro documentato tra Domenico Laurendi, ritenuto il capo di una delle ‘famiglie’ che si contendono il territorio di Sant’Eufemia d’Aspromonte, e l’allora candidato Siclari, incontro che sarebbe stato mediato dal medico Giuseppe Galletta, ex consigliere provinciale, anche lui finito ai domiciliari. In cambio della sua elezione – è la tesi della procura – Siclari si sarebbe interessato per fare ottenere il trasferimento a Messina di una dipendente delle Poste, figlia di un affiliato. A spingere gli inquirenti verso questa ricostruzione, vi è anche un’intercettazione in cui a parlare è il medico Galletta che così rassicura Laurendi: «La prossima settima dobbiamo parlare perché Tajani (non indagato, ndr) a questo qua.. Tajani, personalmente lo conosce a questo.. questo qua è di Riccione».

Sospetti e accuse pesanti come macigni, quelle rivolte a Siclari. Che ha scelto di fare chiarezza a mezzo Facebook «nel rispetto di chi mi conosce, di chi mi ama, di chi mi ha votato, dei miei colleghi, di chi crede nella mia persona, nella Giustizia e nei giovani che non si piegano». «Non ho mai dato niente in cambio di qualcosa, né chiesto qualcosa in cambio di altro», scrive. E confessa un senso di smarrimento dopo avere appreso la notizia dell’inchiesta a suo carico: «Pensavo fosse uno scherzo. Non avrei mai e poi mai e poi mai e poi mai potuto pensare fosse vero. Quando sei certo di aver rispettato e onorato in ogni momento della tua vita la Legge, lo Stato, la famiglia, i cittadini, gli amici, i pazienti, i bisognosi, la magistratura e le forze dell’ordine, dormi sereno (…) Invece improvvisamente mi ritrovo accusato di ‘voto di scambio politico mafioso’ in Calabria senza aver mai aver incontrato mafiosi o fatte promesse o effettuato raccomandazioni».

Sull’incontro con Laurendi specifica: «Mi viene contestato di aver avuto un incontro nella mia segreteria politica (non casa o a cena o altro), che come tutte le segreterie politiche di Italia è aperta a tutti i cittadini in campagna elettorale, con un signore ritenuto vicino a delle famiglie mafiose. Questo signore, ho letto dalle carte dell’inchiesta, all’epoca risultava persino innocente perché assolto in un processo di primo grado ma con un processo in appello pendente ancora senza giudizio, quindi per lo Stato incensurato. Questo signore sarebbe stato accompagnato nella mia segreteria (aperta a tutti e davanti a tutti i collaboratori), per 30 minuti di incontro, dal medico curante del figlio. Questo medico curante è il presidente della più importante cooperativa dei medici di famiglia di Reggio Calabria, dove 84 medici di famiglia fanno capo a lui, nonché attuale responsabile dei medici di famiglia nella task force istituita dall’Azienda sanitaria per l’emergenza Coronavirus a Reggio Calabria. Non posso conoscere tutti coloro che vivono in Calabria o a Reggio Calabria e certamente, conoscendo il medico, non avrei mai pensato che potesse presentarmi un cittadino condannato o pregiudicato, che di fatto non lo era».

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mercoledì, 26 Febbraio 2020 - 15:18
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