Mentre gli investigatori erano alla ricerca di Manuela Bailo, sparita nel nulla il 28 luglio del 2018 da Nave (in provincia di Brescia), Fabrizio Pasini – l’uomo che l’aveva uccisa – se ne stava in Sardegna a trascorrere le vacanze con moglie e figli. Come nulla fosse. Solo un mese dopo la scomparsa della donna, quando le vacanze erano ormai terminate, Fabrizio Pasini – ex sindacalista della Uil di Brescia – si presentò alle forze dell’ordine e confessò la verità sulla sorta toccata a Manuela, con la quale l’uomo aveva intrecciato una relazione extraconiugale. L’aveva uccisa e ne aveva occultato il corpo.
A distanza di due anni dal delitto, per Fabrizio Pasini è arrivata la condanna che chiude il processo di primo grado. Sedici anni di carcere è la pena stabilita dal giudice per le indagini preliminari Riccardo Moreschi del Tribunale di Brescia. La pena è stata scontata di un terzo perché Pasini ha scelto ed ottenuto di essere processato col rito abbreviato. Il pubblico ministero aveva chiesto trent’anni. L’uomo è stato condannato anche a risarcire i genitori, la sorella e il fratello di Manuela Bailo e la Uil, sindacato per il quale vittima e assassino lavoravano.
Pasini ha sempre negato la volontarietà dell’atto, sostenendo di averla spinta durante un litigio facendola così cadere dalle scale. Ma sui gradini non fu trovato sangue.
Il medico legale riscontrò invece una ferita alla testa non determinante per la morte. Ad uccidere Manuela Bailo fu un’arma da taglio che le recise la carotide. Il corpo della 35enne venne trovato, dopo la confessione di Pasini, nel cortile di un cascinale ad Azzanello, nel Cremonese. Subito dopo il delitto, Pasini provò anche a depistare le indagini: nei giorni immediatamente successivi al delitto, inviò alcuni messaggi dal telefonino di Manuela ai genitori di lei, agli amici e colleghi nel tentativo di fare credere che la 35enne fosse ancora viva.
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venerdì, 28 Febbraio 2020 - 14:06
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