Napoli, 16enne ucciso da carabiniere: dall’autopsia la verità sulla morte di Ugo Russo. Il militare: «Mi sono qualificato»

ugo russo
La vittima Ugo Russo

Una dinamica da chiarire nei minimi dettagli per verificare punto per punto quello che è accaduto dopo la mezzanotte di sabato 29 febbraio in via Generale Orsini, alle spalle della Regione Campania, nel quartiere di Borgo Santa Lucia. I carabinieri del Nucleo investigativo di Napoli dall’altra notte ascoltano possibili testimoni ed analizzano le immagini della videosorveglianza dell’area in cui è avvenuta l’uccisione di Ugo Russo, 16 anni, un ragazzino dei Quartieri Spagnoli raggiunto da due colpi di pistola sparati da un carabiniere poco dopo una tentata rapina ai danni dello stesso militare. Una vicenda per la quale, nella giornata di oggi, la Procura di Napoli, diretta da Giovanni Melillo, dovrebbe decidere sulle responsabilità del giovane carabiniere, un 23enne napoletano in servizio da pochi mesi in una caserma in provincia di Bologna ritornato a casa da alcuni giorni in licenza. L’ipotesi di reato per la quale si dovrebbe procedere è di eccesso colposo di legittima difesa; per il complice del 16enne, un 17enne che era con lui sullo scooter, procede la Procura dei minori: ieri è stato fermato con l’accusa di tentata rapina.

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L’aspetto più importante da definire è ovviamente la ricostruzione della dinamica. Si parte da alcuni punti fermi; stando alla testimonianza del carabiniere, poco dopo la mezzanotte ha parcheggiato l’automobile in cui era con la fidanzata a due passi dalla Regione, in via Generale Orsini. Improvvisamente si sarebbero palesati i due ragazzi sullo scooter. Ugo Russo indossava uno scaldacollo che gli copriva il volto ed il casco e avrebbe impugnato una pistola finta, una ‘replica’ di metallo molto simile ad un’arma regolare. Si immaginano momenti concitati, con la coppia di presunti baby rapinatori che minaccia la coppietta, vuole sottrarre al militare l’orologio, un Rolex, e Ugo Russo che punta l’arma finta alla tempia del 23enne riuscendo a infilarsi dal finestrino con parte del busto all’interno della vettura. A questo punto il carabiniere reagisce sparando con la pistola d’ordinanza. I colpi sono tre, due colpiscono il 16enne, un terzo va a vuoto. Il ragazzino è ferito, è lo stesso militare a chiamare i soccorsi e poi i colleghi ma il trasferimento d’urgenza all’ospedale Vecchio Pellegrini di Napoli è inutile: due ore dopo la sparatoria il ragazzo muore per le conseguenze delle ferite riportate.

Il 23enne, un carabiniere semplice arruolato da poco, ha poi raccontato l’accaduto ai magistrati. In particolare, ha dichiarato di essersi anche qualificato come militare dell’Arma nel corso della rapina sperando così di convincere i due a desistere. Aveva con sé la pistola, fatto non inusuale per chi appartiene alle forze dell’ordine che non sono obbligati a portarla con sè ma possono farlo essendo pubblici ufficiali anche quando non sono in servizio. Poi ha raccontato di essersi sentito minacciato, di avere udito scarrellare la pistola (il rumore che fanno le armi quando le si prepara a fare fuoco) ed ha sparato tre colpi, uno a vuoto, gli altri due che hanno raggiunto Ugo Russo all’addome e alla testa. Sarà solo l’autopsia però a chiarire con precisione anche questo importante particolare ovvero i punti di entrata dei proiettili. Sinora sul corpo del ragazzo è stato compiuto un esame esterno dal quale emerge che entrambi i proiettili sono stati sparati frontalmente. Nel frattempo, gli uomini del Nucleo investigativo di Napoli hanno acquisito le immagini dei sistemi videsorveglianza presenti nella zona per potere ottenere, analizzandoli frame dopo frame, dettagli sfuggiti sinora alla ricostruzione. Si procede con «grande ponderazione», come ha spiegato ieri il procuratore Melillo.

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lunedì, 2 Marzo 2020 - 08:14
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