Coronavirus, c’è il decreto per la Giustizia: sospensione feriale, poi si naviga a vista. E l’Ucpi si toglie i sassolini della scarpa

Il Tribunale di Napoli deserto
di Manuela Galletta

Un breve stop. Ufficialmente per consentire agli uffici giudiziari di organizzarsi. Ufficiosamente per cercare di tenere a casa quante più persone possibili in questo caldo mese dell’emergenza sanitaria da Coronavirus. Dopo giorni e giorni di silenzio, che hanno spinto l’avvocatura e pure l’Associazione nazionale ad alzare la voce e hanno allungato l’enorme distanza che vi è tra il Guardasigilli e il popolo di civilisti e penalisti, arriva il decreto legge che fornisce le linee guida per la gestione dell’emergenza rispetto ai Tribunali. Il provvedimento ha avuto il via libera in Consiglio dei ministri intorno alla mezzanotte ed è stato salutato con parziale soddisfazione dall’avvocatura, già in astensione nazionale da ieri (proclamata dall’Organismo congressuale forense) proprio per rivendicare il diritto alla salute in assenza di sufficienti e adeguate misure anti-contagio nei Palazzi di Giustizia. 

Il senso del decreto è semplice: si navigherà a vista e, soprattutto, la responsabilità di decisioni spinose – come una eventuale lunga sospensione dell’attività giudiziaria – ricadrà sulle spalle dei capi degli uffici giudiziaria, ma – e il dato non è secondario – non senza prima essersi consultati con i Consigli degli Ordini degli Avvocati e le autorità sanitarie. Ad ogni modo dei paletti sono stati fissati: da lunedì e sino al 22 marzo in tutta Italia sarà applicato il regime della sospensione feriale «per potersi organizzare». Cosa significa? Significa che saranno trattate solo le urgenze: sul piano penale, ad esempio, saranno trattate le direttissime e le udienze di convalida dei fermi. Dopodiché – ossia a partire dal 23 marzo – le attività riprenderanno e ogni ufficio giudiziario deciderà il da farsi: il decreto legge conferisce la possibilità di sospendere l’attività giudiziaria fino al 31 maggio ma solo «in caso di emergenze epidemiologiche certificate». Laddove i capi degli uffici giudiziari dovessero, quindi, ritenere necessaria percorrere questa strada, le udienze civili e penali slitterebbero a giugno, sempre con l’eccezione dei procedimenti urgenti, delle udienze su misure cautelari, quelle sulla convalida di arresti o fermi nei procedimenti che riguardano detenuti e imputati minorenni, le convalide di espulsioni dei migranti. Non si fermano nemmeno le cause di competenza del tribunale dei minori, le udienze sulla possibilità di adottare bambini o quelle riguardanti minori stranieri non accompagnati o bambini allontanati dalle famiglie.

Se invece si andrà avanti con l’attività, occorrerà osservare delle regole. Per cominciare tutti i processi (inclusi quelli pubblici, come i dibattimenti) si terranno a porte chiuse. Traduciamo: in aula dovranno essere presenti solo i giudici, il pubblico ministero e gli avvocati impegnati nella causa che viene trattata. Fuori tutti gli altri. Ossia, fuori i parenti degli imputati e gli avvocati che magari sono in attesa di essere chiamati per una causa fissata sempre innanzi allo stesso giudice. Entreranno solo quando arriverà il loro turno. Fuori, dunque, anche i giornalisti, con una compressione inevitabile del diritto di cronaca.

Altra novità è il potenziamento della video-conferenza, che sino ad oggi è stata attivata per gli imputati che sono detenuti fuori dalla Regione dove si celebra il processo, per gli imputati sottoposti al regime di 41bis e per i collaboratori di giustizia. Adesso la video-conferenza vale per tutti. Un esempio: se un imputato è detenuto a Poggioreale e deve comparire al processo che si tiene a Napoli, sarà pure lui collegato in video-conferenza mentre sino ad oggi era obbligatorio il trasferimento in aula, a meno che non vi fosse rinuncia del diretto interessato. Anche le udienze di convalida dei fermi si terranno in video-conferenza: sino ad ora invece si tenevano in una stanza apposita del carcere dove l’indagato era detenuto. In tal modo si cercherà di azzerare la possibilità che un detenuto entri in contatto con persone del mondo esterno e che dall’esterno il virus possa riuscire a trovare una porta per entrare in prigione.

Sullo sfondo l’ordine di rafforzare il ricorso a tecnologie telematiche allo scopo di evitare assembramenti negli uffici. Dunque, in assenza di particolari decisioni dei capi degli uffici giudiziari, dal 23 marzo avvocati, magistrati e personale amministrativo torneranno regolarmente in servizio.

Le misure previste dal decreto legge sono state accolte con parziale favore dall’avvocatura: si plaude alla sospensione disposta fino al 23 marzo ma vi sono perplessità sulla decisione di demandare ai capi degli uffici giudiziari eventuali ‘chiusure’ dei tribunali, perché in tal modo – è la riflessione – continuerà ad esservi una sorta di autogestione schizofrenica. Ad ogni modo l’Organismo congressuale forense ha fatto sapere che ritirerà l’astensione, che era stata proclamata sino al 20 marzo, dal momento che la decisione di bloccare l’attività per due settimane ricalca in sostanza il periodo di sospensione calcolato dall’Ocf.

Plaude all’iniziativa del ministero della Giustizia anche l’Unione delle Camere penali, che rispetto all’astensione proclamata dall’Ocf, ha mantenuto un atteggiamento freddo tanto da sollevare la contestazione e le critiche di moltissimi penalisti. In una nota l’Ucpi rivendica, infatti, l’avere proposto al ministro la soluzione della sospensione feriale: «In tal modo si è rimediato al rischio di decisioni diverse sul territorio, adottate secondo criteri arbitrari e non definiti, che avrebbero causato polemiche, incertezze e soprattutto inefficace tutela della salute pubblica; e si è restituita serenità ad avvocati, magistrati ed utenti della Giustizia in tutta Italia». Una sottolineatura che non sfuggirà agli addetti ai lavori: più che avallare l’astensione, l’Unione ha provato a spingere per soluzioni che riuscissero a dare risposte concrete marcando così la differenza con l’Ocf. 

Quindi un invito ai penalisti: «Dovremo fare tesoro di queste due settimane di fermo per definire insieme le condizioni migliori per una ripresa delle attività forensi compatibile con le esigenze di prevenzione del contagio e rispettosa dei principi inderogabili dello Stato di Diritto». 

Più duro (e anche un po’ più esplicito), invece, il commento dell’avvocato napoletano Giorgio Varano, che cura la comunicazione per l’Ucpi. In un post su Facebook, il penalista ha lanciato un messaggio a tutti quei penalisti che hanno contestato il basso profilo tenuto dall’Ucpi rispetto all’astensione proclamata dall’Ocf e pure una frecciata indirizzata alla stessa Ocf: «Teniamoci sempre stretti all’Unione, soprattutto quando imperversano la confusione, le fake news, gli improvvisati, i ricercatori di visibilità e gli esilaranti “eroi della sesta”, ed è facile perdere la calma e la capacità di ragionare per il vero obiettivo, la tutela dei diritti dei cittadini, della dignità di tutti e il rispetto per il momento che sta vivendo il Paese».

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sabato, 7 Marzo 2020 - 13:23
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