Carceri, aumentano i contagi tra detenuti e agenti della Penitenziaria. Preoccupazione per il caso di Torino

Cella Carcere

Aumenta ancora il numero dei detenuti e degli agenti di Polizia penitenziaria positivi al Coronavirus. Secondo gli ultimi dati del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria sono 178 gli operatori di polizia penitenziaria contagiati (18 ricoverati in ospedale, una ventina in quarantena in caserma e il resto in isolamento a casa propria) e 58 i detenuti. A preoccupare è soprattutto la situazione del penitenziario di Torino, dove è concentrato il numero più consistente di casi tra i reclusi. Qui a causa di un sospetto contagio, sono stati sottoposti a tampone 60 detenuti: a 19 di loro è stata riscontrata la positività, un dato che porta a 23 i contagiati da Covid-19 alle Vallette.

Ma il Dap prova a dare rassicurare: per il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria non vi sarebbero al momento rischi di ulteriori contagi, poiché su indicazione del sanitario dell’istituto, sono state predisposte misure per separare i detenuti in tre gruppi: i positivi, chi ha avuto contatti con loro e che perciò è stato posto in isolamento precauzionale, e i negativi. Nei giorni scorsi giorni, per altri sette detenuti era scattata la detenzione domiciliare: il magistrato di sorveglianza di Torino aveva ritenuto il loro stato di salute incompatibile con il carcere. E da dietro le sbarre era partito un drammatico appello. Aiutateci o sarà un lazzaretto, il messaggio dei reclusi ospiti della ‘palazzina dei semiliberi’, da dove è partito il contagio, che avevano raccontato di vivere in 45 persone in un ambiente di circa 100 metri quadrati suddiviso in più camere e di condividere tutti due soli servizi igienici.

Intanto oggi al ministero si è tenuta una nuova riunione della task force ministeriale per fare il punto anche sulla ricognizione dei braccialetti elettronici, a cui è subordinata l’applicazione della detenzione domiciliare ai condannati che hanno un residuo di pena da scontare fino ai 18 mesi. Si tratta del provvedimento previsto dal decreto Cura Italia per diminuire il sovraffollamento e il rischio di contagio nelle carceri, ma che in tanti tra gli addetti ai lavori (magistrati di sorveglianza, Consiglio superiore della magistratura, Unione delle Camere penali, il sindacato dei dirigenti della polizia penitenziaria e le associazioni impegnate nelle carceri), giudicano insufficiente.

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giovedì, 9 Aprile 2020 - 20:06
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