Coronavirus, l’Austria e la Danimarca inaugurano la ‘fase2’. Riaccende i motori anche la Spagna. Merkel pronta a decidere

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Mentre in Italia il Governo sta lavorando alla ‘fase 2’, ossia alla ripartenza delle attività produttive con contestuale convivenza con il virus (senza un vaccino la convivenza col Covid-19 sarà inevitabile), altri Paesi europei provano a riaccendere i motori. Timidamente, ma ci provano. Da oggi in Austria hanno riaperto i piccoli negozi e le aziende artigiane: ma per i clienti e i lavoratori sarà obbligatorio l’uso della mascherine. Anche sui mezzi pubblici è scattato l’obbligo di coprire naso e bocca, già in vigore nei supermercati. Riaperti anche i giardini pubblici statali, seppure con limitazioni. A maggio, se tutto andrà bene, potranno essere riavviati tutti gli altri negozi più grandi e i parrucchieri. A seguire, bar, ristoranti e alberghi.

Domani, in Danimarca, riapriranno le scuole e gli asili. Si procederà a scaglioni. Una scelta coraggiosa che ad esempio l’Italia ha già deciso di non adottare. Nel Belpaese le scuole riapriranno per ultime e da settembre in poi, se la situazione non dovesse subire dei drastici miglioramenti, si pensa persino a classi dove gli alunni saranno in parte fisicamente presente e in parte collegati a mezzo computer.

Anche la Spagna, che conta un pesantissimo bilancio di vittime (più di 18mila dall’inizio dell’epidemia; è il numero di morti più pesante dopo quello degli Stati Uniti e dell’Italia) e di contagiati (il numero di casi confermati si attesta a 172.541), ha compiuto un passo in avanti nonostante la netta contrarietà di molti operatori sanitari e di una parte delle forze politiche e amministrazioni territoriali, come la Catalogna. L’economia ha subito un duro colpo: sono già quasi due milioni i posti di lavoro perduti e si stima che il Pil spagnolo nel 2020 potrebbe crollare anche del 10 per cento. Ecco perché si è deciso di provare a riattivare le imprese ‘non essenziali’. In settimana riapriranno i battenti le fabbriche, i cantieri dei comparti edile e manifatturiero. Sarà obbligatorio l’uso di guanti e mascherine, però. Per aiutare queste attività, il governo ha deciso di distribuire 10 milioni di questi dispositivi. Disposti anche rigidi controlli. «La salute dei lavoratori deve essere garantita. Se la salute è minacciata in qualche modo, l’attività non può riprendere», ha detto il ministro dell’Interno Fernando Grande-Marlaska. La maggior parte della popolazione tuttavia resterà ancora bloccata nelle proprie case, mentre negozi, bar e altri spazi pubblici rimarranno chiusi almeno fino al 26 aprile. «Sono ancora misure difficili ma dobbiamo mantenerle in atto, nonostante le cifre», ha ammonito il ministro della Sanità Salvador Illa.

Potrebbe ripartire anche la Germania, ma sempre con misure graduali. L’accademia delle scienze nazionale ha raccomandato un graduale allentamento delle misure: il parere sarà la base per una decisione che sarà presa domani, mercoledì 15 aprile, dalla cancelliera tedesca Angela Merkel e dai presidenti dei 16 Land.

Più lunghi, invece, i tempi per la ripartenza in Francia. Ieri sera il presidente Emmanuel Macron, in un messaggio alla nazione seguito da 36 milioni di persone, ha spiegato che le misure di confinamento ‘duro e puro’ contro il Coronavirus saranno prorogate sino all’11 maggio. Dopo quella data, forse, sarà possibile una ‘fase 2’ anche in Francia, dove ad oggi si scontano quasi 14500 morti e oltre 130mila contagiati. E’ possibile, ma non certo, che in Francia riapriranno le scuole (dagli asili nido fino a liceo), ma non le università. Mentre è certo che fino a metà luglio non riapriranno i cenima, i teatri e i musei. Quel che è sicuro è che la ‘fase 2’ francese prevederà tamponi di massa, proprio allo scopo di isolare quasi in tempo reale le persone contagiati. «Saremo in grado di testare chiunque abbia sintomi e di metterlo in quarantena», ha assicurato Macron. In tal modo la Francia segnerebbe un’inversione di rotta rispetto alla fase iniziale di questa emergenza, caratterizzata – come riconosciuto dallo stesso Macron – dalla difficoltà di fare i tamponi ma anche da tanta impreparazione. «Non avevamo abbastanza camici, guanti, gel. Non abbiamo potuto distribuire tante mascherine quanto avremmo voluto», ha spiegato.

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martedì, 14 Aprile 2020 - 14:08
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