Sfilarono 900mila euro dal conto di un anziano prete: condannati ex vescovo di Alife-Caiazzo, la sua perpetua e il marito

Prete generica

Nel giro di un anno sfilarono quasi 900mila euro dal conto di un anziano prete affetto da demenza senile. Per questo l’ex vescovo di Alife-Caiazzo, Valentino Di Cerbo, la perpetua Rosa Cristina D’Abrosca e suo marito Giovanni Fevola, sono stati condannati dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere. La vicenda ha inizio nel 2012, quando i tre, a suon di movimenti finanziari e trasferimenti a proprio favore, hanno prosciugato il conto di don Giuseppe Leone, abusando delle sue condizioni psicofisiche. Le indagini, invece, sono partite nel 2013. L’anziano parroco aveva firmato un assegno a favore della sua perpetua. Poco tempo dopo, probabilmente in un momento di lucidità, è stato egli stesso a denunciare il fatto ai carabinieri di Piedimonte Matese. Di lì l’apertura del fascicolo che ha portato al processo contro il vescovo i due coniugi. Questi ultimi due in un giudizio precedente erano stati assolti dalle accuse di appropriazione di altre somme.

Dinanzi al gip di Santa Maria Capua Vetere a nulla sono valse le dichiarazioni dei tre imputati. In particolare, l’ex vescovo ha raccontato che don Leone – deceduto durante il processo – era nel pieno delle sue facoltà mentali e autonomamente aveva deciso di versare il proprio patrimonio sul suo conto personale per permettergli, poi, di donare tutto alla diocesi. Nel corso del giudizio abbreviato però è stato accertato che le operazioni economiche «non avevano altro scopo se non quello di arricchire i tre imputati in contrasto con le reali volontà del sacerdote che, quando era nel pieno delle sue capacità, , come accertato, aveva inteso destinare il suo ingente patrimonio non agli imputati ma ad istituzioni benefiche», peraltro diverse dalla diocesi di Alife-Caiazzo.

Le consulenze tecniche della procura hanno accertato oltre alle operazioni economiche anche lo stato di salute psicofisico del prete, affetto di demenza senile progressiva che ne aveva compromesso le capacità mnemoniche e ne aveva deteriorato quelle cognitive.
L’accusa ha chiesto la reclusione di tutti gli imputati a due anni e otto mesi e la confisca del denaro sequestrato. Il gip, oltre a stabilire la confisca del denaro sequestrato, ha condannato il vescovo alla reclusione per un anno e quattro mesi, per i coniugi la pena inflitta invece è di due anni.

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venerdì, 17 Aprile 2020 - 19:21
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