L’avvocato Giovanni Di Benedetto prova a fare chiarezza sulle notizie stampa che hanno accompagnato la scarcerazione del boss Francesco Bonura, ma la polemica politica è ormai servita. E la frittata pure.
Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede si ritrova nuovamente sulla graticola, accusato dalla Lega, che non perde occasione per rintuzzare il Guardasigilli. E il Partito democratico agita il grimaldello giustizialista contro la decisione di un magistrato che va contro il dominante sentire della collettività, incontrando il favore del Guardasigilli. Il risultato è un campionario di confusione e di dichiarazioni preoccupanti. Il dl ‘Cura Italia’ non c’entra con la scarcerazione, si affretta a precisare Bonafede. E fin qui ha ragione. Il ‘Cura Italia’ dispone la detenzione domiciliare ai condannati in via definitiva che devono scontare un residuo pena inferiore ai 18 mesi ma esclude dalla concessione di questo beneficio, peraltro ancorato all’applicazione del braccialetto elettronico, una vasta rosa di condannati, tra i quali appunti quelli per mafia. E’ evidente, dunque, che il boss palermitano Francesco Bonura (condannato in via definitiva nel 2012 per associazione mafiosa ed estorsione a 18 anni e 8 mesi di carcere) non ha beneficiato della detenzione domiciliare, lasciandosi alle spalle il carcere e il regime di 41bis cui era sottoposto, in applicazione al dl ‘Cura Italia’.
Le motivazioni che hanno spinto il Tribunale di Sorveglianza di Milano a disporre la scarcerazione le chiarisce l’avvocato Giovanni Di Benedetto, legale di Bonura. «Ho letto e sentito sulla vicenda Bonura affermazioni improprie e strumentali che obliterano il caso concreto – dice l’avvocato Di Benedetto -. A fronte di una condanna pari a 18 anni e 8 mesi a Bonura restano da scontare, considerati i maturandi giorni di liberazione anticipata, meno di 9 mesi di carcere. Nel contesto della lunga carcerazione il Bonura ha subito un cancro al colon, è stato operato in urgenza e sottoposto a cicli di chemioterapia; di recente i marker tumorali avevano registrato una allarmante impennata. Se a tutto ciò si aggiunge, come si deve, l’età (Bonura ha 78 anni) ed i rischi a cui lo stesso, vieppiù a Milano, era esposto per il Coronavirus risulta palese la sussistenza di tutti i presupposti per la concessione de differimento della pena nelle forme della detenzione domiciliare in ossequio ai noti principi, di sponda anche comunitaria, sull’umanità che deve sottostare ad ogni trattamento carcerario». In parole semplici: il Tribunale di Sorveglianza ha operato una valutazione disgiunta dalle indicazioni del ‘Cura Italia’ ma tenendo ad ogni modo presente l’attuale contesto sanitario (ossia il concreto pericolo di contagio nelle carceri dove il Coronavirus si è fatto ormai largo), le condizioni di salute del detenuto e il residuo pena da scontare.
Il quadro nel quale si è innestata la scarcerazione di Bonura è chiaro, eppure la Lega non perde occasione per cavalcare la polemica politica e puntare l’indice contro Bonafede. Per il Carroccio non è una novità: grida alla scarcerazione dei mafiosi già dall’introduzione del ‘Cura Italia’, benché il provvedimento escluda questa possibilità. Così, restando fedele a una posizione anacronistica, la Lega chiede addirittura «la convocazione urgente del ministro della Giustizia in commissione Antimafia». L’iniziativa è dei parlamentari della Lega in commissione Antimafia (Gianluca Cantalamessa, Andrea Dara, Lina Lunesu, Enrico Montani, Luca Paolini, Pasquale Pepe, Erik Pretto, Gianni Tonelli, Francesco Urraro): «Bonafede chiarisca subito la ragione per la quale sono stati concessi gli arresti domiciliari a un pericolosissimo boss mafioso detenuto col 41-bis. Dopo aver mandato a casa un altro noto esponente della criminalità organizzata calabrese appena una settimana fa, ora l’ennesimo esempio di giustizia malata nel nostro Paese. La Lega ha presentato in proposito anche un’interrogazione. Il Guardasigilli relazioni al Parlamento, spieghi cosa sta succedendo e perché», scrivono.
Si indigna la Lega e si indigna pure il Pd, ma non contro Bonafede che invece i ‘dem’ difendono dagli attacchi del Carroccio («Occorre respingere le sciacallesche speculazioni di esponenti politici come Salvini, che mettono sullo stesso piano i giusti provvedimenti contro il sovraffollamento carcerario con singole decisioni della magistratura di sorveglianza»). Il Pd se la prende con il magistrato che ha disposto la scarcerazione del boss Bonura spiegando che «i provvedimenti di scarcerazione per motivi di salute di qualche detenuto per gravissimi reati di mafia, decisi dalla magistratura di sorveglianza, generano giusta preoccupazione e amarezza, soprattutto tra le vittime delle mafie». E per tale ragione il Pd, nelle persone del deputato e responsabile Giustizia Pd Walter Verini e del senatore, nonché capogruppo Pd in Commissione Antimafia Franco Mirabelli, chiede addirittura «chiarezza». «Chiediamo una immediata convocazione della Commissione Antimafia. Chiediamo che siano verificate le ragioni dei provvedimenti, la effettiva incompatibilità delle condizioni di salute con la situazione carceraria, i rischi sanitari per altri detenuti e per la polizia penitenziaria. Occorre rispondere subito a questi interrogativi su questi provvedimenti, che appaiono in contrasto con la sostanza e lo spirito del 41 bis», dicono Verini e Mirabelli. Una richiesta che il ministro della Giustizia non tarda ad accogliere, disponendo una verifica sulla procedura della scarcerazione. «L’unica cosa che può fare il Governo (e che, ovviamente, sta già facendo) è attivare, nel rispetto dell’autonomia della magistratura, tutte le verifiche e gli accertamenti del caso, considerato anche il regime di isolamento previsto dal 41 bis», scrive su Facebook. L’avvertimento ai magistrati è servito.
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mercoledì, 22 Aprile 2020 - 14:28
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