Coronavirus, scarcerato il ras dei Casalesi Pasquale Zagaria. Il magistrato contro il Dap: «Mai risposto a sollecitazioni»

Cella Carcere

Chiariamolo subito, per bloccare sul nascere polemiche strumentali e infondate. Il dl ‘Cura Italia’, che peraltro oggi è stato converti in legge, non c’entra niente. Non c’entrano le regole fissate sulla concessione della detenzione domiciliare a chi deve espiare un residuo pena inferiore ai 18 mesi.

Pasquale Zagaria, fratello del noto boss dei Casalesi Michele, ha lasciato il carcere – dove era detenuto in regime di 41 bis – ed ha beneficiato della detenzione domiciliare. Non tornerà però nel Casertano, ma andrà in provincia di Brescia, dove vive la moglie e anche una delle zone più colpite dall’epidemia da Covid-19. La scarcerazione è stata decisa dal Tribunale di Sorveglianza di Sassari in accoglimento di una richiesta della difesa.

A spingere il Tribunale di Sorveglianza a dare il via libera alla detenzione domiciliare sono stati tre motivi legati tra loro: anzitutto è stata valuta la patologia di cui Zagaria soffre (nel dicembre 2019 è stato operato di tumore) e l’impossibilità all’interno del penitenziario dove era recluso di avere tutte le cure necessarie. Scrive, infatti, il giudice Riccardo De Vito nel provvedimento di otto pagine: «Appare decisivo, infatti, sapere gli esiti degli approfondimenti diagnostici per capire l’evoluzione della patologia e le possibili cure». Una soluzione alternativa sarebbe stato il trasferimento di Zagari anell’ospedale di Sassari, ma con l’emergenza Covid-19 il nosocomio è stato trasformato in un Covid hospital ed è dunque inaccessibile a chi non è positivo.

Non solo: il Tribunale di Sorveglianza aveva anche scritto al Dap (era il 9 aprile) chiedendo se altre strutture carcerarie fossero in grado di potere offrire a Zagaria il supporto medico di cui il detenuto ha bisogno, ma il Dap non ha mai risposto. Circostanza che il giudice De Vito ferma sulla carta: «Dal Dipartimento del’Amministrazione Penitenziaria non è pervenuta alcuna risposta, neppure interlocutoria». Di qui la conclusione del giudice: «Allo stato il detenuto si trova affetto da una patologia grave e soggetto alla necessità di un iter diagnostico e terapeutico che viene definito indifferibile, ma che al momento non è possibile effettuare. Lasciare il detenuto in tali condizioni, pertanto, equivarrebbe esporlo al rischio di progressione di una malattia potenzialmente letale in totale spregio del diritto alla salute». Infine, il Tribunale di Sorveglianza rileva anche che Zagaria alla luce della sua patologia e dell’età avanzata (ha 70 anni) è anche un soggetto a rischio contagio.
Considerato la mente economica del clan, Zagaria è in carcere dal 2007. Il fine pena è fissato nel luglio del 2025.

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venerdì, 24 Aprile 2020 - 20:25
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