‘Fase 2’, al Tribunale di Napoli udienze a scartamento ridotto: scoppia lo scontro tra avvocati e magistrati

Tribunale di Napoli
Il Tribunale di Napoli
di Manuela Galletta

Il mondo della Giustizia napoletana è sottosopra. Con gli avvocati che tuonano contro la presidenza di Corte d’Appello strappando i protocolli di intesa firmati il 28 aprile per la gestione delle poche udienze che per decreto era possibile trattare in piena emergenza. E con il presidente della Corte d’Appello Giuseppe de Carolisi di Prossedì e il procuratore generale Luigi Riello che rispondono a mezzo stampa per le rime accusando gli avvocati di non voler collaborare.

Accade tutto nella giornata di ieri, mentre un’intera classe forense, in modo particolare quella dei penalisti, attendeva le famose linee guida che avrebbero dovuto stabilire in che modo si sarebbe dovuto procedere a partire dal 12 maggio, con la conclusione della sospensione dei procedimenti stabilita dal ‘Cura Italia’. Ebbene, quando sono arrivate le prime direttive è scoppiato il caos. In estrema sintesi a Napoli l’attività giudiziaria continuerà a procedere a scartamento ridotto, con la fissazione di udienze esclusivamente con imputati detenuti (e per i quali vi è scadenza termini). Per tutte le altre se ne parla dopo il 31 luglio (sospesi i termini di prescrizione), vale a dire a settembre considerato che nel mezzo vi è la sospensione feriale. E per le udienze con detenuti viene stabilito che nessun imputato sia in aula ma che tutti siano in videoconferenza. Infine tutte le udienze si terranno a porte chiuse. Il Coa di Napoli sale subito sulle barricate e con una delibera ritira la sua firma ai protocolli siglati, in base ai quali, ad esempio si prestava il consenso affinché i processi per direttissima si svolgessero da remoto. Poi proclama lo stato di agitazione. I motivi della rivolta sono chiari: per il Coa sono state assunte «decisioni organizzative autoritativamente» e «tardivamente». Decisioni che non sono in linea con le proposte pure avanzate dall’avvocatura, che confidava in una ripresa piena dell’attività accompagnata dall’adozione di particolari misure di sicurezza. Ad esempio gli avvocati avevano proposto la trattazione dei processi penali con imputati di parte «a istanza di parte con presenza fisica» e non da remoto. Ma a fare scoppiare la miccia è stata la decisione di chiudere tutti gli uffici del giudice del distretto, mossa definita «indiscriminata e non ragionevole» e adottata senza consultare il Coa.

La replica a mezzo stampa di de Carolis di Prossedì e Riello non si fa attendere: in due pagine viene ripercorsa tutta l’intercoluzione con Coa e Camera penale sui punti oggetto di contestazione, a voler dimostrare che entrambi gli organismi fossero a conoscenza di quanto sarebbe stato deciso e che la polemica montata è pretestuosa. «Duole dover rilevare il tono polemico del comunicato, sorretto da una inspiegabile logica di contrapposizione con la magistratura, non consono al clima collaborativo coltivato da tutti i Capi degli Uffici giudiziari e certamente inidoneo ad affrontare con senso di responsabilità ed efficacia un momento delicato per la Giustizia nel distretto connesso alla perdurante critica situazione sanitaria – scrivono Riello e de Carolis di Prossedì – Stupisce, infine, la revoca dell’adesione già prestata ai protocolli stipulati con il Presidente del Tribunale di Napoli il 28.4.2020 e la proclamazione dello stato di agitazione, a dispetto dell’apprezzata e preziosa collaborazione fino ad oggi offerta dall’Avvocatura alla gestione dell’emergenza». Quanto alle decisioni assunte per la gestione delle udienze, nella nota viene rilevata l’impossibilità – stante l’emergenza sanitaria in corso – di ritornare alla normalità: «Il numero rilevantissimo di processi con imputati detenuti pendenti dinanzi alla Corte d’Appello (circa 400 solo nel periodo al 12 maggio al 30 giugni) impedisce la trattazione anche dei processi a piede libero con la presenza fisica delle parti». Tra gli avvocati, intanto, monta la protesta. Il lockdown giudiziario ha pesantemente gravato sull’aspetto economico della professione. E si guardava al 12 maggio con la speranza di potere uscire dal limbo in cui si è piombati il 10 marzo. (Seguiranno sul tema altri approfondimenti)

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sabato, 9 Maggio 2020 - 12:32
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