A Napoli giustizia (quasi) ferma al palo e il ministro se ne lava le mani. Forum dei penalisti: «Dobbiamo serrare le fila»

di Manuela Galletta

«Quello che più mi fa arrabbiare è che della ripresa delle attività giudiziaria non se ne occupa nessuno. Si parla di barbieri, parrucchieri, ristoranti, ma nessuno si preoccupa che non si facciano i processi. Non siamo al centro dell’attenzione di nessuno». L’avvocato Attilio Belloni alza la voce per denunciare l’assordante silenzio che, oggi più che mai, ruota attorno alla ‘fase 2’ della Giustizia italiana. C’è un servizio pubblico essenziale che è fermo da due mesi e che martedì, 12 maggio, riprenderà in maniera non omogenea.

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Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e il governo hanno preferito delegati ai capi degli uffici giudiziari la gestione dell’emergenza, hanno preferito fare decidere ad altri quali e quanti processi si celebreranno, se fare udienze anche di sabato o se tirare sino a tarda notte. Linee guide univoche non ne sono state date, ad eccezione del divieto di celebrare il processo da remoto in caso di dibattimenti con acquisizione di testimonianze (sempre che non vi sia consenso delle parti per il collegamento a mezzo video). E così la mancata gestione da parte dello Stato di una delle sue più grani ‘imprese’, che è pure quella più delicata, ha scatenato il caos. A Napoli, poi, si è aggiunta la rabbia degli avvocati: qui le linee guida dei capi degli uffici giudiziari sono un sostanziale proseguimento del lockdown dell’attività giudiziaria. Via libera solo alle udienze con detenuti e a quelle con scadenze termini immediate. Tutti gli altri detenuti che vedranno i fascicoli rimanere sulla scrivania saranno per giunta colpiti dalla sospensione dei termini di prescrizione e dal prolungamento della durata dei termini di custodia cautelare. Per il Tribunale monocratico e collegiale saranno trattate non più di 5 e 3 udienze al giorno, con la conseguenza che tanti procedimenti subiranno la mannaia del rinvio. Una situazione inaccettabile, tuonano gli avvocati.

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Alla loro rabbia ieri, sabato 9 maggio, hanno dato voce diversi penalisti che – su iniziativa della Camera penale partenopea – si sono incontrati in un forum online per discutere appunto della ‘fase 2’. Le linee guida della discordia hanno ovviamente segnato i tempi della discussione. «E’ immorale il provvedimento di sospensione dei termini di prescrizione – ha commentato l’avvocato Belloni – Come si fa come si fa a giustificare un protocollo come quello di Napoli che blocca l’attività quando abbiamo un contagio pari allo zero?». Di netta censura verso la decisione dei capi degli uffici partenopei è anche il commento dell’avvocato Alfonso Furgiele: «Si trascurano le esigenze degli avvocati con delle difficoltà sul piano pratico non comuni. Anche l’udienza da vicino è surreale. Tutti con le mascherine, non si può avere uno scambio di idee col collega che sta in aula perché si deve mantenere il distanziamento sociale, non si può avere uno scambio con l’imputato che è collegato in video». Furgiele allarga poi lo spettro della discussione censurando proprio le ‘non scelte’ del governo sulla ‘fase 2’ della Giustizia. «I punti più sensibili del giusto processo finiscono con l’essere delegati ai vertici degli uffici giudiziari, che si regolano in maniera difforme l’uno dall’altro. E a volte mi è capitato di verificare che vertici degli uffici giudiziari delegano ai presidenti di sezione».

Uno scenario avvilente che per l’avvocato Furgiele è solo uno dei tanti aspetti «di un papocchio» che sino ad oggi «è venuto fuori a tutti i livelli» quando ci si è trovati a gestire l’impresa Giustizia in tempo di Coronavirus. Anche per l’avvocato Gaetano Balice il punto debole della ‘fase 2’ è l’atteggiamento del governo, che non ha saputo prevedere soluzioni calzanti «scaricando tutto sugli uffici giudiziari che poi, come nel caso di Napoli, hanno dato risposte che ci hanno lasciati insoddisfatti».«Il governo avrebbe dovuto imporre che tutte le comunicazioni avvengano via Pec – osserva l’avvocato Balice – Invece non è così. Poi stiamo scontando un deficit formativo del personale amministrativo». Un altro errore del Governo è stata, per l’avvocato Balice, «l’impostazione secondo cui il processo penale si fa su richiesta di parte. Così facendo, in buona sostanza, si dice sono sospesi i termini perché tu non hai chiesto il processo. Ma non si può immaginare che un detenuto non voglia fare il processo. Il processo penale non può essere rimesso alla volontà delle parti perché non è il processo civile. Questo avviene perché la giustizia non è vissuta come un servizio essenziale, la giustizia è già remota, è già lontana dai cittadini, ha già perso qualsiasi forma di credibilità».

Indignazione sul lockdown giudiziario è stata espressa anche dall’avvocato Eriberto Rosso, segretario dell’Unione delle Camere penali italiane: «Ci troviamo in una situazione davvero paradossale. E’ inconcepibile portare al macero i processi di questo periodo». E, allora, l’unica soluzione è ‘resistere’, come insiste l’avvocato Vincenzo Maiello: «Noi dobbiamo serrare le fila. E dobbiamo serrare le fila a tutti i livelli nei quali si articola l’esperienza giuridica. lo dobbiamo fare dal punto di vista teorico, da un punto di vista politico, da un punto di vista civile scrivendo sui giornali. L’attacco che viviamo in questo periodo è un attacco concentrico. Siamo al cospetto di pratiche di governo che più o meno consapevolmente intendono riesumare i fossili di un pensiero che è stato bocciato dal progresso del movimento delle affermazioni dei diritti».

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domenica, 10 Maggio 2020 - 18:41
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