Giustizia, la ‘fase 2’ silenzia la stampa: processi a porte chiuse in tutta Italia, i giornalisti tagliati fuori dalle udienze


Immaginate il processo, complicato e faticoso, sulla morte di Stefano Cucchi senza la presenza in aula dei giornalisti. Cosa ne sarebbe stato della cronaca, puntuale, delle deposizioni di quei testi che poco a poco hanno rotto il muro d’omertà restituendo un racconto drammatico e agghiacciante sulla notte del pestaggio e su cosa accadde in seguito? Semplicemente di quella cronaca non vi sarebbe stata traccia. Almeno non nelle forme accurate con le quali il dibattimento per omicidio preterintenzionale è stato seguito a più livelli. Tutt’al più sui giornali avrebbe trovato spazio una cronaca frutto di un racconto ‘filtrato’. Filtrato da una delle parti presenti all’udienza, che essendo una parte in causa finisce suo malgrado col diventare ‘di parte’. Ecco, da domani 12 maggio e sino al 31 luglio (sempre che non vi sia qualche inversione di rotta) nessun giornalista potrà assistere ad un’udienza e raccontare cosa è accaduto. La ‘fase 2’ della Giustizia prevede udienze a porte chiuse, ossia senza pubblico. E dunque senza cronisti. La decisione è stata adottata per via dell’emergenza sanitaria in corso. Ma cosa significa questo? Significa che, rispetto ai processi più delicati, i racconti che sarà possibile offrire saranno meno dettagliati, che al cronista mancherà la possibilità di osservare in prima persona l’evoluzione di un dibattimento e coglierne i punti importanti, le sfumature.

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Proviamo a fare un altro esempio. Prendiamo un processo di criminalità organizzata e proviamo ad immaginare il momento della deposizione di uno o più collaboratori di giustizia. Capita, a volte, che due pentiti siano in contraddizione su alcuni punti del narrato. Un giornalista in aula più cogliere la discrasia e riportarla nel corso del racconto. Senza essere presente in aula, un giornalista può solo – se vi riesce – fare affidamento sul racconto di chi ha assistito a quella deposizione. Ora, se chiedete a un magistrato le discrasie sono sempre valutate in maniera non negativa: esse testimoniano non solo la genuinità del racconto di ciascun collaboratore di giustizia (perché significa che non si sono parlati tra di loro), ma un ricordo opaco è anche ammissibile considerato che di norma un pentito ha partecipato a più azioni criminali, decine e decine, e ci si potrebbe confondere. Se, invece, chiedete a un difensore ogni discrasia – seppur minima – è indice di un’inattendibilità del pentito in questione. In entrambi i casi, per le ragioni che vi abbiamo esposto, le ‘parti’ forniranno sempre un racconto condizionato dal loro approccio professionale. In queste condizioni, per un giornalista, riuscire a riportare un racconto aderente alla realtà e non condizionato dallo ‘sguardo’ di una parte diventa un’impresa. Quindi, delle due l’una: o si cerca di fare un’estrema sintesi oppure si desiste. E in tal caso la ‘pagina’ di cronaca resta bianca.

Cerchiamo di essere ancora più precisi, riferendoci a un lavoro che noi di Giustizia News24 abbiamo portato avanti: in maniera minuziosa abbiamo seguito, tra gli altri, il processo sul crollo del palazzo a Rampa Nunziante a Torre Annunziata, il processo sulla morte del piccolo Giuseppe Dorice ucciso di botte dal patrigno a Cardito, il processo a carico dell’imprenditore Adolfo Greco accusato di essere sceso a patti coi boss del circondario stabiese. Ore e ore trascorse in aula, dettagli mai omessi. Contraddizioni, laddove ne sono emerse, messe in evidenza. Con scrupolo e serietà. E con il solo obiettivo di aiutare il lettore ad informarsi, a seguire l’evoluzione del dibattimento per far sì che egli non arrivi impreparato, ossia senza nozioni di merito, al momento della sentenza. Con il solo obiettivo di alimentare la conoscenza e la coscienza civile del lettore. Tutto questo sino al 31 luglio non sarà più possibile. La stampa resta fuori dai processi. E sino ad oggi non era mai capitato.

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lunedì, 11 Maggio 2020 - 18:32
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