Napoli, documenti falsi per i clandestini: 4 fratelli a capo del business. Inchiesta intrecciata con l’attentato di Berlino

Procura di Napoli (foto Kontrolab)

La stampa di documenti falsi in via Carriera Grande a Porta Capuana non s’è mai fermata. Nonostante le inchieste e gli arresti arrivati prima nell’aprile del 2019 e poi lo scorso gennaio. La clientela da soddisfare era ampia e valicava i confini italiani. Malta, Spagna, Belgio e Grecia sono alcuni dei 15 Paesi dove i documenti falsi ‘made in Naples’ giungevano a destinazione. I beneficiari erano immigrati irregolari e non è esclusa la possibilità che le carte di identità contraffatte siano finite nelle mani di terroristi.

Con un’operazione della Digos di Roma, il fiorente business messo in piedi dai fratelli Russolillo ha subito una nuova battuta di arresto. Sette le ordinanze di custodia cautelare eseguite su ordine del giudice per le indagini preliminari Marcello De Chiara del Tribunale di Napoli: il carcere è stato disposto per i fratelli Massimo e Giuseppe Russolillo; arresti domiciliari per i loro fratelli Vincenzo e Giorgio Russolillo, Raffaele Persico, Michele Nappo, Girolamo Figuccio e Alessandro Di Serio. Oltre agli italiani sono stati arrestati 4 stranieri. E’ l’esito della corposa inchiesta ‘Mosaico’ coordinata dai pubblici ministeri della Direzione distrettuale antimafia Giuseppe Visone e Maria Di Mauro in forza al pool guidato dal procuratore aggiunto Rosa Volpe. Un’inchiesta che si intreccia con l’attentato terroristico di Berlino del 19 dicembre del 2016, quando Anis Amri si lanciò con un camion sulla folla del mercatino di Natale Breitscheidplatz uccidendo 12 persone e ferendone altre 56. Ricostruendo la rete di contatti di Amri, ammazzato il 23 dicembre successivo a Sesto San Giovanni durante uno scontro a fuoco con la polizia, gli investigatori sono risaliti al tunisino Mohamed Baazaoiu, il quale aveva collegamenti con la centrale del falso dei fratelli Russolillo.

E’ così che i riflettori della procura si sono accessi su quella stamperia in via Carriera Grande. Le attività di intercettazione e di appostamento hanno poi consentito di individuare il modus operandi dell’organizzazione e di disegnare le rotte dei documenti. Documenti che partivano ‘a pacchi’ per l’estero. Mentre i Russolillo erano addetti alla produzione delle carte di identità (del loro gruppi facevano parte Michele Nappo), ad occuparsi dello smistamento dei documenti era un secondo gruppo che aveva la base operativa presso la sede dell’agenzia ‘Mail Box Etc’ al corso Novara: il titolare del centro è Girolamo Figuccio, che veniva coadiuvato da Alessandro Di Serio. E proprio il gruppo di Figuccio si era occupato di fare arrivare a Mohamed Baazaoiu i documenti falsi che furono trovati nella sua disponibilità durante una perquisizione disposta dalla procura di Roma. Le intercettazioni, telefoniche ed ambientali, hanno poi consentito di guardare nel cuore del business. Ma è dal particolare e faticoso lavoro svolto sui alcuni dei plichi spediti e ‘intercettati’ che sono arrivati gli elementi probatori di maggiore rilievo: la polizia giudiziaria ha infatti proceduto a rilevare le impronte digitali su tutti i documenti che erano in ‘partenza’, in modo da fugare ogni dubbio su chi fosse coinvolto. Nel corso delle indagini sono state monitorate ben 2216 spedizioni.

Un lavoro di indagine significativo che ha fermato un business che non ha conosciuto soste, neppure quando lo scorso 13 gennaio i fratelli Vincenzo e Russolillo sono finiti in manette (sono stati scarcerati pochi giorni dopo a seguito del processo per direttissima conclusosi con la condanna a due anni a testa). A prendere il comando sono stati i loro fratelli Massimo e Giorgio, che sino a quel momento avevano un ruolo di supporto. «Proprio la dichiarata volontà di continuare la produzione illegale – osserva il gip De Chiara – è sintomatica di un programma criminoso non circoscritto alla commissione del singolo reato, ma piuttosto tendenzialmente perpetuo». Gli arresti eseguiti oggi non chiudono però l’inchiesta ‘Mosaico’. Vi sono ancora altri aspetti che vanno approfonditi: la procura e gli investigatori sono a lavoro per cercare di arrivare, laddove possibile, ai destinatari finali dei documenti di identità, che per ora non sono stati individuati. Inoltre non ha trovato ancora rispetto l’interrogativo sull’aspetto economico: non si è riusciti a stabilire quanto venisse pagato per ogni documento di identità. L’ultimo punto da approfondire è la possibile ingerenza della criminalità organizzata nell’affare: non c’è grosso business illecito, a Napoli, sul quale la camorra non allunghi le mani. Allo stato però non sono emersi collegamenti diretti o indiretti degli indagati con una cosca, ragione per la quale il gip ha escluso, dalla rosa delle contestazioni l’aggravante della camorristica che la procura aveva pure contestato alla luce di un’allusione a contesti criminali emersi da un’intercettazione.

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venerdì, 15 Maggio 2020 - 15:48
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