Riciclaggio, sequestrati a Roma 4 locali della catena ‘Katané’: nuove accuse per noto imprenditore


L’inchiesta del 2017, il sequestro dei beni che ne era scaturito e la condanna, in primo grado, arrivata nel dicembre 2018 non hanno sortito alcun effetto deterrente. Gaetano Vitagliano, ritenuto dagli inquirenti vicino al clan degli Amato-Pagano ma mai condannato per associazione mafiosa o per reati aggravati dalla matrice camorristica, aveva rimesso in moto la sua attività imprenditoriale – legata alla gestione di bar e alla ristorazione – e aveva aperto nuovi punti vendita con nomi e insegne che non solo richiamavano quelle in precedenza sequestrate ma che nella compagine societaria avevano ex dipendenti delle società finite sotto sequestro tre anni fa.

Così a distanza di tre anni dalla prima inchiesta, questa mattina Gaetano Vitagliano è finito nuovamente nei guai. Questa mattina la Guardia di Finanza di Roma ha eseguito, nella Capitale, il sequestro di 4 tra bar ed esercizi di ristorazione con l’insegna ‘Katanè‘ a Roma, per un valore complessivo di oltre 5 milioni di euro, disposto dalla sezione misure di prevenzione del tribunale della Capitale, su richiesta della Dda.

L’indagine prende le mosse dall’inchiesta ‘Babylonia’ del 2017 nella quale Vitagliano rimase impigliato per associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio e all’intestazione fittizia di beni: un anno dopo, nel dicembre del 2018, fu condannato a 11 anni e mezzo di reclusione e alla confisca di beni per circa 9 milioni di euro. In sentenza l’imprenditore è stato assolto dall’aggravante della matrice camorristica che gli fu contestata. Vitagliano aveva subito il sequestro di un patrimonio milionario – composto da società, immobili, veicoli e disponibilità finanziarie – frutto del reimpiego dei proventi di attività illecite, tra le quali il traffico di stupefacenti. Tra i sequestri operati nel 2017 figurano i noti bar ‘Mizzica!’ di via Catanzaro e piazza Acilia, ancora oggi affidati alla gestione di un amministratore giudiziario.

Alcuni mesi dopo quell’operazione, i finanzieri rilevarono l’apertura dell’attività “Katanè sapori di Sicilia”, in cui vengono vendute specialità alimentari siciliane. L’insegna era molto simile a quella dei bar “Mizzica!”. In poco più di anno sono stati avviati ben 4 esercizi di ristorazione a marchio “Katanè“. L’ultima apertura, dopo quella delle sedi attive nelle zone delle stazioni Termini e Tiburtina, è avvenuta presso la struttura dello storico ‘Caffe’ dell’orologio’, che aveva chiuso i battenti nel 2017, di piazzale Flaminio. I finanzieri hanno così condotto degli approfondimenti sulle compagini societarie ed è emerso che le società che gestiscono i nuovi bar sono state costituite tra il 2018 e il 2019 da ex dipendenti delle aziende sottoposte all’originario provvedimento ablativo i quali, nonostante i loro modesti profili reddituali, hanno sostenuto rilevanti spese per la costituzione delle imprese e l’avvio delle attività. Anche i fornitori sono rimasti gli stessi e nei locali lavorano o hanno lavorato, come dipendenti, familiari di Vitagliano. Questi elementi raccolti hanno consentito al tribunale di Roma di disporre il sequestro dei bar e degli esercizi di ristorazione ‘Katanè‘ poiché ritenuti frutto – come quelli cautelati nel 2017 – del reimpiego dei proventi delle attività illecite svolte da Vitagliano, che li ha gestiti tramite familiari e persone di fiducia. Gli esercizi commerciali saranno ora affidati a un amministratore giudiziario.

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lunedì, 18 Maggio 2020 - 09:52
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