Bonafede è salvo: respinte le mozioni di sfiducia. Bonino: «Almeno ora non dica più che non ci sono innocenti in cella»

Alfonso Bonafede

Alfonso Bonafede resta al suo posto. E anche il Governo può tirare un sospiro di sollievo. Le due mozioni di sfiducia che hanno rischiato di far saltare il Guardasigilli e fare piombare i grillini nel baratro della crisi non hanno raggiunto i numeri necessari. Questo anche grazie a Italia Viva, che è dovuta uscire dall’equivoco in cui volutamente si era infilata per negoziare un maggiore peso nella coalizione di maggioranza. I renziani, pur condividendo i temi al centro delle due mozioni (come ribadito da Matteo Renzi durante il suo intervento), hanno votato contro le mozioni e dunque in favore di Bonafede, garantendo quella superiorità numerica che sino a ieri avevano fatto traballare con la loro posizione volutamente ondivaga. «Signor ministro, avrebbe mai potuto immaginare un’occasione di vendetta così chiara? Essere additati, andare sui giornali, subire l’onta di un massacro mediatico, fa male. Credo che se noi votassimo oggi in base ai metodi utilizzati dal suo gruppo, lei oggi dovrebbe andare a casa. Ma noi non siamo come voi», è stato uno dei passaggi del discorso di Renzi che ha quindi voluto marcare la differenza di ‘stile’ tra Iv e i Cinque Stelle sul terreno del giustizialismo e del populismo.

Bonafede, dunque, si salva dopo una doppia votazione, nominale, durata ben due ore.Una doppia votazione che ha riguardato due mozioni aventi la stessa finalità (le dimissioni del ministro) ma contenuti diametralmente opposti sul tema dei domiciliari a centinaia di malavitosi che nelle ultime settimane ha infiammato il dibattito politico e mediatico.

La prima bocciatura arriva alle 14.40 ed è quella che affossa la mozione di sfiducia presentata dal centrodestra con l’argomentazione che vuole Bonafede colpevole di avere provocato la scarcerazione di numerosi malavitosi in piena emergenza da Coronavirus: i contrari alla mozione di sfiducia sono 160, quelli favorevoli sono 131, un solo astenuto. Tra quanti hanno votato contro ci sono anche esponenti del centrodestra, come i tre ‘volti’ di ‘Cambiamo’ di Giovanni Toti: Gaetano Quagliariello, Paola Romani e Massimo Vittorio Berutti hanno preso le distanze dalle ragioni a sostengo della mozione, ma hanno aderito «convintamente» alla mozione garantista dalla Bonino. Mozione pure questa respinta.

La bocciatura, in questo caso, giunge alle alle 15.38 e ha chiuso definitivamente la partita: la mozione ‘garantista’ presentata da Emma Bonino (e firmata da Richetti di Azione ma anche da alcuni esponenti di Forza Italia), e illustrata dalla senatrice con un discorso di grande impatto, viene affossata da 158 voti contrari. A favore hanno votato in 124, mentre 19 sono stati gli astenuti. Tra gli astenuti ci sono i senatori di Fratelli d’Italia, che in tal modo sottolineano come non fosse loro intenzione impugnare qualsiasi arma (in questo caso una mozione diversa dalla loro sotto il profilo, centrale, delle scarcerazioni dei boss) per mandare a casa Alfonso Bonafede. Così facendo i ‘meloniani’ si pongono nella condizione di potere rivendicare coerenza nella loro linea di opposizione e non accanimento.

Il voto che salva Bonafede era un voto prevedibile, tanto è vero che Emma Bonino – poco dopo l’intervento col quale Renzi ha messo in cassaforte la poltrona di Bonafede – ha richiesto la parola per rivolgere un appello a Bonafede: «Faccia e ci faccia un favore: non dica più che in Italia non ci sono innocenti in carcere. Questo è un insulto a migliaia di persone e di famiglia che hanno patito un’ingiusta detenzione. Negli ultimi anni sono stati 20mila e qualcosa, mille all’anno. Lei ha presente i costi umani, emotivi, reputazionali, i danni di impresa? Cambi passo: una giustizia giusta serve ai cittadini, al nostro Paese».

Adesso però bisognerà capire se nell’agenda della politica giudiziaria vi sarà un cambio di passo. Pd e Italia Viva lo hanno chiesto con forza durante i loro interventi in Aula. Ed entrambi hanno messo nuovamente al centro del campo la riforma della prescrizione, quella entrata in vigore il primo gennaio scorso che blocca il corso della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. «Le chiedo, ministro, di cogliere l’occasione per aprire una discussione in maggioranza, trovando una sintesi tra le diverse culture politiche di questa maggioranza nell’interesse del Paese. Lei è ministro di un governo diverso e la discontinuità deve essere forte. Creiamo insieme un’agenda condivisa, che segni discontinuità col passato. Le riforme dell’agenda del civile e del penale sono più che mai necessarie. Riaffrontiamo il tema della prescrizione. Rimettiamo in agenda i temi della riforma carceraria, dell’esecuzione della pena», ha detto il senatore del Pd Franco Mirabelli.

Sulla stessa linea Matteo Renzi («Sulla questione della prescrizione, sulla questione del processo penale e civile c’è molto da fare»), che ha però ha anche allargato il campo dei temi politici da rivedere: «A noi non interessa un sottosegretario, ci interessa che si sblocchino i cantieri». Dal canto suo Bonafede sembra avere abbozzato una mezza apertura alle richieste di collaborazione, anche se poi ha rivendicato con fierezza la linea sin qui portata avanti. Sulla prescrizione ha annunciato l’istituzione «di commissione ministeriale che consenta di verificare l’efficacia dei tempi». Poi promesso: «Sono il ministro della Giustizia di un governo di coalizione e il ruolo cruciale della giustizia assume un’importanza ancora maggiore nella ripartenza del nostro paese. I cittadini devono sapere di contare su un processo che abbia tempi certi e ragionevoli. La grande sfida da raccogliere consiste nel trovare una sintesi nella maggioranza per la tutela, la protezione e il rispetto di tutti i cittadini che devono essere realmente uguali davanti alla legge».

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mercoledì, 20 Maggio 2020 - 15:39
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