Bufera sulla procura di Trani, il «club» del «maestro» Capristo: riferimenti a Casellati, indagini anche su un carabiniere

Carlo Maria Capristo
Il magistrato Carlo Maria Capristo
di Manuela Galletta

Un «centro di potere» capace «di influenzare l’andamento della giustizia». Le accuse che pochi giorni fa hanno portato ai domiciliari il procuratore di Taranto Carlo Maria Capristo (per tentata induzione, truffa e falso) e che hanno messo a nudo l’ennesima pagina di malaffare scritta da operatori della Legge nel Palazzo di Giustizia di Trani, già attraversato dallo scandalo dei procedimenti addomesticati per mano dei magistrati Antonio Savasta e Michele Nardi, potrebbero essere solo la punta dell’iceberg di una storia dai contorni ben più opachi e ben più ampia.

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E’ il giudice per le indagini preliminari Antonello Amodeo del Tribunale di Potenza – che ha disposto l’arresto di Capristo –  a disegnare la trama di una oscura cerchia di ‘fedelissimi’ che facevano capo al procuratore, chiamato «il maestro», e che si muovevano per «influenzare direttamente o indirettamente l’operato della procura di Trani» e forse anche quella di altri uffici. Di questa cerchia di ‘fedelissimi’ (parola utilizzata dall’imprenditore Nino Mancazzo, finito ai domiciliari) facevano parte l’ispettore di polizia Michele Scivitarro, anche lui finito agli arresti domiciliari, e un funzionario di cancelleria che ha lavorato a Trani sino agli inizi del 2018, quando è andato è in pensione. Proprio il cancelliere viene intercettato al telefono con Nino Mancazzo mentre i due discutono del ‘problema’ giudiziario che vede i Mancazzo contrapposti a un imprenditore, caso che ha poi fatto esplodere l’inchiesta su Capristo.

E nel corso di questo scambio di battute, il cancelliere disvela il ‘cerchio magico’ di Capristo, rivendicando per se stesso un ruolo di primo piano in questa lobby di potere («di natura ‘affaristica’, ossia orientata a privilegiare gli interessi personali dei suoi componenti» puntualizza il gip) e alludendo ad amicizie politiche importanti di Capristo, anche a livello nazionale. «Se ci fosse stato ancora lui a Trani (il riferimento è a Capristo, ndr) o se lui fosse andato a Bari, io non me ne sarei andato… perché io servivo a lui… lui serviva a me… ed insieme… insieme… abbiamo fatto una forza…», si vanta il cancelliere. E per dare un assaggio a Mancazzo della capacità del «club», come lo chiama lui, di imporre le proprie regole fa due riferimenti che toccano le più alte sfere della politica italiana e sulle quali, inevitabilmente, vi sarà un approfondimento investigativo. «Abbiamo fatto… abbiamo fatto una forza che… senti… noi abbiamo.. te ne dico una… – spiega il cancelliere – Abbiamo messo in cottura il presidente della Repubblica una vota… lo abbiamo messo in cottura che dovevamo fare una carte manifestazione.. tanto abbiamo fatto che il presidente della Repubblica…». Come se non bastasse il cancelliere chiama in causa pure l’attuale presidente del Senato, Elisabetta Casellati: «Quello ti fa impazzire perché è un vulcano (il riferimento è sempre a Capristo, ndr), è un vulcano però ora che per esempio hanno nominato il presidente del Senato.. Casellati.. che è un’amica nostra…(….) quella la Casellati quando stava al Csm gli fece la relazione perché lui doveva andare a Bari.. E devi vedere che bella relazione.. Io ce l’ho registrata… ». A Bari, però, Capristo non andò. I due interlocutori discutono pure di questo. «Poi lo sappiamo che è stato boicottato», dice Mancazzo. E il cancelliere di rimando: «I comunisti di merda… non hanno fatto mai una cosa buona nella loro vuoti… ».

Sul delicatissimo passaggio in cui il cancelliere cita Elisabetta Casellati la procura di Potenza, guidata da Francesco Curcio, dovrà compiere approfondimenti per capire se si è in presenza di millanteria oppure no. Perché la millanteria in questa squallida pagina di ‘giustizia umiliata’ non è mancata. Basti pensare che Capristo, per rassicurare i Mancazzo sulla tutela dei loro interessi, avrebbe sostenuto che il pm Silvia Curione fosse dalla loro parte tanto da chiamarla «bambina mia» e invece il pm Curione non solo non si è mai piegata ai ricatti subiti ma ha denunciato ogni cosa dando il là all’inchiesta. Il condizionale su questo passaggio è d’obbligo perché agli atti  non vi sono intercettazioni dirette che riguardano Capristo, non vi sono cioè dialoghi che vedono il procuratore protagonista: l’espressione ‘bambina mia’ gli viene attribuita da Mancazzo che invece è intercettato. La prudenza di giudizio, dunque, è d’obbligo. Tuttavia gli spunti sui quali indagare non mancano. Accertamenti sono in corso anche su un carabiniere, anch’egli considerato molto vicino a Capristo: il militare dell’Arma ha lavorato a Trani e a Taranto. Contestualmente si stanno scandagliando i rapporti tra Capristo e Filippo Paradiso, poliziotto pugliese che oggi è nella segreteria del sottosegretario pentastellato Carlo Sibilia al ministero dell’Interno e che in passato ha prestato servizio negli uffici di diretta collaborazione dei vari sottosegretari alla Presidenza del Consiglio, con Prodi, come con Berlusconi, e anche ha lavorato anche al ministro dell’Interno quando al capo del dicastero via era Matteo Salvini. Paradiso, per inciso, non è nuovo alle cronache: è attualmente indagato dalla procura di Roma per traffico di influenze dopo essere stato chiamato in causa dall’avvocato Giuseppe Calafiore coinvolto e condannato nell’inchiesta su decisioni pilotate al Consiglio di Stato. 

Un altro riferimento scomodo è ad Antonio Di Maio, che subentrò alla guida della procura di Trani proprio a Capristo e che è rimasto in sella sino agli inizi di quest’anno, quando – a seguito di una lunga battaglia legale – il magistrato Raffaele Nitti ha visto riconosciuto il suo diritto alla nomina di procuratore di Trani al posto di Di Maio e ha preso possesso dell’incarico. «Al posto suo c’è un galantuomo – dice sempre il cancelliere – C’è un galantuomo e un amico suo». Il cancelliere, inoltre, per tranquillizzare Mancazzo sull’influenza che il ‘club’ ha sulla procura di Trani nonostante Capristo sia a Taranto, aggiunge: «Nino, comunque se tu hai bisogno… se tu hai bisogno di qualcosa.. vedi che…. Comandiamo noi ancora là, eh!.. Quindi stai tranquillo». Antonino Di Mio è pure lui indagato (a piede libero) in questa inchiesta storia: messo al corrente dal pm Curione delle pressioni ricevute, avrebbe deciso di «procurare l’impunità di Carlo Maria Capristo», tenendo alcuni «comportamenti omissivi», cioè non verificando se il procuratore di Taranto fosse coinvolto nella vicenda.

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giovedì, 21 Maggio 2020 - 13:29
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