Bufera sulle procure, il Csm punisce il pm Sirignano: via dalla Dna, va trasferito. Paga le conversazioni con Palamara


Il pubblico ministero Cesare Sirignano deve lasciare la Direzione nazionale antimafia per via delle sue conversazioni col pm (sospeso) Luca Palamara. E’ quanto ha deciso il plenum del Consiglio Superiore della magistratura approvando la delibera della prima commissione, favorevole al trasferimento, con 21 voti mentre 3 voti (quelli di Unicost, la corrente di Sirignano e di Palamara) sono andati alla proposta di archiviazione. A favore del trasferimento hanno votato i consiglieri di Area, Magistratura indipendente, Autonomia & Indipendenza, il togato indipendente Nino Di Matteo e tutti i consiglieri laici. 

Intervenendo nel dibattito in Plenum, Di Matteo ha esordito: «Sarei ipocrita se non dicessi che fin dall’inizio ho seguito queste vicende. Le attività professionali mie e del dott Sirignano si sono incrociate in Antimafia per quasi 2 anni, per questo avevo pensato di astenermi e di non partecipare al voto. Forse sarebbe stato più comodo astenermi e lavarmi le mani ma sono un consigliere del Csm e su una questione così importante e di interesse generale non posso astenermi da queste considerazioni. Il dott. Sirignano parlando della Dna, cioè dell’ufficio che ha compiti importantissimi di coordinamento e di impulso rispetto a tutte le attività antimafia d’Italia, invece di respingere al mittente, ha avvallato le pretese di Palamara di portare nel cuore dell’Antimafia interessi correntizi, piuttosto che il merito e la capacità».

Di Matteo ha rilevato inoltre che «Sirignano anche nell’audizione di ieri davanti al plenum, ha affermato che anche per questioni cosi’ importanti come le nomine e gli assetti della Dna ‘se non hai l’appoggio della tua corrente non hai dove andare’ e ha ribadito ‘avevamo come dominus Palamara’. Stiamo parlando dell’assunzione di questo criterio, a criterio condiviso per regolare le attività di contrasto alla mafia. E questo per me è molto grave. Tanto più se pensiamo a ciò che possono pensare le vittime dei reati di mafia, i famigliari delle vittime delle stragi e tutti coloro che hanno il diritto di pretendere che l’attività antimafia prescinda da certi condizionamenti». Dagli atti, secondo Di Matteo, «emerge che Sirignano non si limitava a subire le scelte di Palamara, ma lo rassicurava affermando in più occasioni che delle richieste di Palamara ne avrebbe parlato con il procuratore nazionale o con il politico Ferri. Cioè le correnti, per il dottor Sirignano, dovevano entrare nella determinazione del lavoro della Procura antimafia. Ne parliamo con Federico e con Cosimo, erano le sue risposte a Palamara. Questo risulta dalle intercettazioni».

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giovedì, 21 Maggio 2020 - 18:15
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