Coronavirus, app Immuni attiva in 4 Regioni ma ad oggi è stata scaricata solo da 2 milioni di italiani. Rischio flop

telefonino generica

E’ stata scaricata da 2 milioni di italiani in pochi giorni: troppo pochi per potere avere una valenza. L’applicazione Immuni che dovrebbe costituire il principale strumento di ‘contact tracing’, ovvero di mappatura dei contatti e di eventuali contagi, è in funzione da oggi (lunedì 8 giugno) in 4 Regioni nelle quali si è avviata la fase sperimentale. In Piglia, Marche, Abruzzo e Liguria i cittadini possono già  verificare il suo funzionamento e testarne l’efficacia, che si realizza nel momento in cui la app – che funziona attraverso Bluetooth –  riesce ad indicare se e quando, nel corso degli spostamenti delle persone, si è incrociato qualcuno poi risultato positivo al Coronavirus. Un’applicazione da scaricare su base volontaria e che, ha sottolineato il Garante della Privacy, non mette a rischio i dati sensibili.

La app infatti funziona senza seguire gli spostamenti, senza conoscere l’identità della persona che la installa sul proprio cellulare, o quella delle persone con cui si entra in contatto. Si può scaricare gratuitamente e volontariamente, non accede alla rubrica, non invia sms e non chiede il numero di telefono all’utente. Una volta attivata, registra i contatti con altri utenti usando il Bluetooth: scambia codici temporanei casuali con altri dispositivi che l’hanno installata. Questi codici non permettono di risalire all’identità dell’utente. Lo scambio è bidirezionale: ogni smartphone invia il proprio codice e riceve i codici degli smartphone nelle vicinanze, salvandoli nella propria memoria interna. Quando un utente risulta positivo al SARS-CoV-2, attraverso l’app si attiva un meccanismo per cui vengono avvisati i possibili contatti, che dovranno avvisare il medico di medicina generale o pediatra di libera scelta per iniziare il percorso assistenziale.

Ciò nonostante il numero di download (possibile anche nelle Regioni in cui sarà arriva il 15 giugno) non è incoraggiante. Stando ad uno studio britannico, per avere efficacia reale dovrebbe trovarsi sui cellulari del 60% almeno dei cittadini. Molto più di due milioni di italiani.

La app arriva alla linea di partenza non senza una scia di polemiche e inciampi tecnici. Ha dovuto superare le critiche alle icone sessiste che ritraevano una mamma con il bambino e l’uomo davanti al pc, poi cambiate nel giro di una mattinata. In seguito sono arrivati i problemi legati alla tipologia di smartphone, in alcuni casi incompatibili per scaricare la app e su cui si è concentrato il lavoro di questi giorni per cercare di arrivare pronti al D-day. In particolare, Immuni usa la tecnologia per le notifiche di esposizione messa a disposizione da Apple e Google mentre hanno problemi (pare in via di risoluzione) gli Huawei

Non mancano le critiche anche dei governatori regionali. E’ inutile secondo Piemonte e Friuli Venezia Giulia mentre Giovanni Toti (Liguria)  A livello locale, il Piemonte si è unito al Veneto e al Friuli Venezia Giulia nel mettere in dubbio l’utilità dello strumento. Tra le 4 regioni pilota, invece, il presidente della Liguria, Giovanni Toti, aveva evidenziato la necessità di «formare il personale e costruire la rete intorno alla app» altrimenti «in sé serve a pochissimo». Mentre il governatore delle Marche, Luca Ceriscioli ha parlato di «un’arma in più per fronteggiare Covid e per contenere il virus».

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lunedì, 8 Giugno 2020 - 08:30
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