Entra in carcere nascondendo 9 cellulari nel tabacco, nei guai prete dell’istituto di pena di Carinola

Prete generica

Stava entrando nel carcere di Carinola, in provincia di Caserta, con 9 cellulari nascosti nelle buste di sigarette e tabacco probabilmente destinati ad alcuni reclusi. Il ‘messaggero’ stavolta però non era né un familiare né un contiguo di un clan ma un sacerdote, assistente del cappellano titolare, che è stato fermato dalla polizia penitenziaria dell’istituto di pena mentre cercava di introdurre i dispositivi completi di caricabatterie e cavetti Usb. Ufficialmente sarebbe dovuto entrare per dire Messa, essendo domenica, in realtà aveva con sé la busta che – controllata dagli agenti penitenziari – è stata sequestrata perché conteneva i telefonini. Ora la posizione del prete è al vaglio della procura di Santa Maria Capua Vetere.

Il sacerdote ha risposto per ore alle domande del pm di turno, mentre le forze dell’ordine cercano di capire a quali reclusi fossero diretti i telefonini e chi abbia consegnato al prete il carico nascosto nel tabacco. In Italia l’introduzione di cellulari in carcere – a differenza di quanto avviene in altri Paesi – non è reato, questione su cui da tempo i sindacati di polizia penitenziaria chiedono interventi. Il sacerdote, P.M., è ben noto nel carcere di Carinola – istituto di ‘media sicurezza’ con circa 500 detenuti – anche perché segue i reclusi con permessi di lavoro al di fuori della struttura.

Quello di oggi è solo l’ultimo di una lunga serie di episodi moltiplicatisi da quando le norme anticovid hanno sospeso i contatti dei reclusi con i familiari. Da metà marzo in poi le cronache hanno raccontato del drone con sei telefonini atterrato nel cortile del carcere di Secondigliano, alla periferia di Napoli, o dell’infedele agente della penitenziaria di Aversa finito ai domiciliari perché portava ai detenuti cellulari e droga; fino all’avvocata di Bologna sorpresa mentre passava al suo cliente un involucro contenente due smartphone.    E ancora: due settimane fa sono comparsi in rete video girati con smartphone nelle celle, e le indagini hanno permesso di identificarne la provenienza – il carcere di Avellino – sequestrando gli apparecchi; nella casa circondariale di Ariano Irpino, invece, i cellulari erano stati lanciati, ben protetti, dall’esterno e sono stati rintracciati oltre il muro di cinta.

«L’episodio di Carinola evidenzia ancora una volta la necessità di dotare la Penitenziaria di strumenti tecnologicamente avanzati, anche in grado di schermare gli istituti di pena, per contrastare questo fenomeno» dicono Giuseppe Moretti e Ciro Auricchio, presidente e segretario regionale dell’Uspp.

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lunedì, 8 Giugno 2020 - 08:03
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