Carcere per i giornalisti, la Corte Costituzionale rinvia: il Parlamento ha un anno di tempo per una nuova legge


La Corte Costituzionale ha rimesso al Parlamento la soluzione della questione della pena detentiva per il reato di diffamazione a mezzo stampa: i giudici della Consulta ‘chiedono’ di legiferare entro un anno per cambiare l’attuale legge che prevede che il reato venga punito con il carcere per i giornalisti. La trattazione delle questioni sollevate dinanzi ai giudici costituzionali dai tribunali di Salerno e Bari viene dunque rinviata al 22 giugno del prossimo anno: oggetto sarà – se non interviene appunto una legge prima – la valutazione della legittimità costituzionale dell’attuale norma. Ieri si è svolta la prima udienza pubblica, alla presenza delle parti in causa e dell’Ordine dei giornalisti, poi la Camera dei Consigli che ha dato l’ultimatum al Parlamento. Oggetto dei lavori parlamentari dovrà essere in particolare il bilanciamento tra libertà di pensiero e tutela della reputazione della persona.

A sollevare erano stati i tribunali di Salerno e Bari, riferendosi sulle norme che puniscono con la detenzione i giornalisti condannati per diffamazione a mezzo stampa. In questi dodici mesi le Camere potranno intervenire con una nuova disciplina, visto che – si sottolinea in una nota della Consulta – «sono attualmente pendenti in vari progetti di legge in materia». Una decisione che è stata presa, come spiega la stessa nota, «nel rispetto della leale collaborazione istituzionale». La questione dunque «richiede una complessa operazione di bilanciamento tra la libertà di manifestazione del pensiero e la tutela della reputazione della persona, diritti entrambi di importanza centrale nell’ordinamento costituzionale» e «una rimodulazione di questo bilanciamento, ormai urgente alla luce delle indicazioni della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, spetta in primo luogo al legislatore». I procedimenti penali dinanzi ai tribunali di Salerno e Bari, durante i quali è stata sollevata la questione di legittimità costituzionale, restano sospesi.

«La pena detentiva è assolutamente incompatibile con i principi di libertà di informazione così come più volte ribadito anche dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo: questa la posizione espressa dall’Ordine dei Giornalisti nel corso dell’udienza. «Da questa giornata importante ci aspettiamo una scossa per una nuova legislazione per il giornalismo che  garantisca il diritto del cittadino ad essere informato. – dichiarano Carlo Verna e Guido D’Ubaldo, presidente e segretario del Cnog -. Nessuno pensi, nel caso venga abolito il carcere, a sanzioni pecuniarie talmente esose da continuare a condizionare il giornalista come accade oggi con lo spettro della detenzione».

Il presidente dell’Ordine Carlo Verna ha partecipato all’udienza in collegamento web “ad adiuvandum” dallo studio di Napoli dell’avvocato Giuseppe Vitiello, così come  gli altri soggetti ammessi al dibattimento. Il segretario ha seguito i lavori in diretta dalla sede della Consulta. Ad inizio dell’udienza la Corte ha ammesso la costituzione in giudizio del Consiglio nazionale dell’Ordine non solo per il procedimento   presso il Tribunale di Salerno, ma anche per quello in corso al Tribunale di Bari; in entrambi era stata sollevata la questione di legittimità della norma.

«Tocca alle Camere intervenire entro un anno, contemperando l’esigenza di rafforzare la libertà di stampa e il diritto di cronaca, cancellando dall’ordinamento il carcere per i giornalisti, con il diritto alla reputazione e all’immagine. È una decisione che affida al Parlamento la responsabilità di decidere, esattamente come è avvenuto di recente anche sulla regolamentazione del fine vita – affermano, in una nota, la Fnsi e Sindacato dei giornalisti della Campania che sottolineano l’«importante passo avanti» fatto.

«La volontà politica, espressa dal Governo e dalla maggioranza parlamentare e recentemente ribadita in incontri con i vertici della Fnsi, lascia intravedere una soluzione positiva, anche se restano da definire alcuni aspetti – spiegano – A cominciare da quello delle sanzioni pecuniarie. Somme troppo elevate, senza dare la possibilità ai giudici di valutare le condizioni economiche del giornalista e la situazione dell’impresa editoriale, avrebbero lo stesso effetto dissuasivo del carcere e finirebbero inevitabilmente per esporsi alle censure della Corte europea per i diritti umani».

«Per questa ragione la Fnsi porterà avanti il confronto con Governo e Parlamento per giungere ad una soluzione in grado di bilanciare tutti gli interessi in gioco. Di certo, la decisione della Consulta, segna un importante passo avanti».

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mercoledì, 10 Giugno 2020 - 07:11
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