Processo ‘Olimpo’ sulle estorsioni imposte agli imprenditori, condannati nove boss del circondario stabiese

Tribunale
di Roberta Miele

Si è chiuso il primo capitolo del processo ‘Olimpo’: ieri, mercoledì 15 luglio, i nove imputati al processo definitosi col rito abbreviato (formula che prevede lo sconto di un terzo della pena) sono stati condannati per avere imposto il ‘pizzo’ agli imprenditori di Castellammare di Stabia. E per questo dovranno risarcire il Comune stabiese, Fai Antiracket ed Sos Impresa che si erano costituite parti civili. Condannata a quattro anni e sei mesi di reclusione, la 73enne vedova del ras Michele D’Alessandro, Teresa Martone, aveva chiesto ad Adolfo Greco un obolo per i figli Pasquale e Vincenzo. Tre le pene inflitte per il clan Cesarano: cinque anni e dieci mesi di reclusione per il reggente Nicola Esposito, cinque anni per Giovanni Cesarano e sei anni e quattro mesi per Aniello Falanga.

Il verdetto è arrivato anche per l’imprenditore Liberato Paturzo, accusato dal pm titolare dell’inchiesta Giuseppe Cimmarotta di avere ottenuto lavori nell’edilizia grazie al sostegno dei D’Alessandro e Di Martino. A Paturzo sono stati inflitti cinque anni e mezzo di reclusione e sei anni al suo collaboratore, Vincenzo Di Vuolo. Infine, sono stati condannati per estorsione aggravata anche i fratelli Afeltra, Francesco e Raffaele detto ‘o burraccione: quattro anni e sei mesi per Francesco, mentre cinque anni e quattro mesi per ‘o burraccione. Stessa pena anche per il nipote Giovanni Gentile.

Ad essere risarcito da Teresa Martone, Nicola Esposito, Giovanni Cesarano e Aniello Falanga sarà anche Adolfo Greco, l’imprenditore di Castellammare che, mentre in questo giudizio è ritenuto vittima del ‘pizzo’, nel rito ordinario incardinato dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata è considerato l’anello di collegamento tra le vittime del ‘pizzo’ e alcuni malavitosi del circondario stabiese.

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giovedì, 16 Luglio 2020 - 18:01
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