Riavvolgiamo il nastro di uno dei processi più delicati che verte su un ipotizzato giro di corruzione all’interno di un Palazzo di Giustizia ad opera di magistrati. Il processo riguarda la cittadella della legge di Trani. La cronaca capillare della terza udienza. Per leggere i servizi relativi alle prime due udienze, basta cliccare sul tag – alla fine dell’articolo – ‘sistema trani’.
Dei nove testimoni ascoltati durante l’udienza dell’11 dicembre 2019 del processo a carico dell’ex gip di Trani Michele Nardi, accusato dalla procura di Lecce di avere pilotato dei fascicoli in cambio di soldi e regali, Aniello Davide De Toma è l’unico che non ha partecipato ai lavori di ristrutturazione.
Autista di professione, su richiesta di Mario Rosselli, amico e proprietario della palestra da lui frequentata, nell’estate del 2018 ha accompagnato l’imprenditore Flavio D’Introno a Roma, poiché era impossibilitato a guidare a causa di un gesso alla gamba. Arrivati nella zona di San Giovanni in Laterano, i due entrarono nell’atrio di un vecchio stabile. Dopo circa mezz’ora di attesa, ha raccontato De Toma, «vidi arrivare un uomo. Aiutai D’Introno a farlo scendere e fui invitato ad andare via». Durante la deposizione resa ai carabinieri di Barletta del 13 giugno 2019, De Toma ha dichiarato che l’imprenditore gli confessò che la persona in questione era un giudice con cui aveva appuntamento. In udienza, però, ha detto di non ricordare.
Il racconto del teste è confuso, il pm Alessandro Prontera gli ha più volte contestato le affermazioni fatte dinanzi al collegio giudicante presieduto da Pietro Baffa, anch’egli intervenuto invitandolo a dire la verità. Secondo quanto raccontato dal teste mesi prima ai militari, l’individuo avvistato era insieme ad altri due soggetti. Il pm quindi ha proseguito la lettura di quanto già deposto: «Il giudice gli fece cenno (a D’Introno, ndr) con la mano di non avvicinarsi e partecipò a me quanto aveva visto chiedendomi di rimetterlo in auto». De Toma poi ha ripreso a raccontare: «Queste tre persone entrano e salgono nel condominio. Dopo scende una persona che ci ha detto di andare via, dopo circa dieci minuti. C’era una perquisizione in atto. Questa persona era bassina ed era diversa da quelle tre viste prima, era calva». «Io dissi “andiamo via, non è il caso che aspettiamo”. D’Introno – ha spiegato De Toma – voleva rimanere. Io dissi che volevo andare a casa».
Il presidente ha quindi chiesto al teste se avesse visto tale individuo in aula. «Ho visto un signore calvo… dove? Non posso entrare e squadrare tutti… ci sono tanti signori calvi», ha risposto De Toma. Incalzato dal presidente Baffa, Aniello Davide De Toma ha ammesso: «Mi è sembrato come se l’avessi visto in questa zona» ed ha indicato il banco dei difensori e degli imputati. Il filo del discorso è stato ripreso. Al ritorno da Roma, D’Introno, ha dichiarato De Toma, imprecava infastidito, ma non ricordava da chi. E ancora contestazioni da parte del pm che ha letto le dichiarazioni rese ai militari: «Dopo essere stati invitati in quel modo ad allontanarci (Flavio, ndr) ha continuato per tutto il viaggio di rientro ad imprecare e a sostenere che il giudice lo stava prendendo in giro e sostenendo in maniera ossessiva ‘questo mi sta prendendo per il culo’ riferendosi al magistrato».
Il testimone ha tentennato e poi, a fatica, ha confermato quanto detto in precedenza. E sul riconoscimento di Michele Nardi, De Toma, dopo qualche contraddizione, ha confermato quanto raccontato ai carabinieri: «Ho appreso in seguito dai fatti di cronaca e dalle conferme ricevute dal signor Roselli che quel magistrato incontrato a Roma si chiamava Michele Nardi».
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