Il M5S perde un simbolo dell’antimafia: la deputata e testimone di giustizia Aiello si dimette in polemica con Bonafede

Piera aiello
Piera Aiello

Mentre si consuma il ‘dramma’ dei cinquanta deputati pentastellati che firmano un emendamento per sopprimere la norma che rinnova i vertici dei Servizi, iniziativa che di fatto si pone di traverso rispetto al Governo, il Movimento perde un altro pezzo. Dopo Paolo Lattanzio e Nunzio Angiola, anche la deputata Piera Aiello, testimone di giustizia siciliana, decide di abbandonare i Cinque Stelle. Le motivazioni le spiega lei stessa in un lungo post su Facebook in cui parla di ideali traditi, quelli di Casalaggio, e punta il dito contro il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, reo di decidere tutto da solo «ma non in autonomia».

«Mi dimetto dal Movimento 5 Stelle – scrive Aiello – che non mi rappresenta più, continuando la mia attività di parlamentare». «Non nascondo l’amarezza per tutto il lavoro che ho fatto, non solo in questi due anni da deputato ma anche negli anni quale semplice testimone di giustizia, lavoro vanificato da persone che non solo non si sono mai occupate di antimafia con la formazione adeguata».

«Dopo mesi di sedicenti confronti, di tutto il lavoro parlamentare non rimane nulla – continua –  È sempre il ministro a decidere tutto e sicuramente non in autonomia. A livello locale si sono commessi errori, avendo selezionato candidati sindaco privi delle competenze necessarie in una realtà così complessa qual è la Sicilia. Non voglio essere considerata complice di quanto è accaduto nonché chiudere gli occhi su quanto sta accadendo».

Nulla resta delle idee innovative e della voglia di cambiamento di Gianroberto Casaleggio, accusa Piera Aiello, che aggiunge: «Se ad oggi mi trovo a scrivere tutto ciò è perché, in due anni, di questi ideali non ho visto attuare neanche l’ombra». Tra le critiche mosse, che acquistano più valore se si pensa alla storia personale di Aiello, per molti anni testimone di giustizia, l’affaire degli arresti domiciliari concessi agli ergastolani al 41 bis «tramite una semplice circolare concordata con gli organi del Dap e il ministro Bonafede».

«Sono anch’io un membro della commissione antimafia dove coordino il comitato sui testimoni e collaboratori di giustizia e imprenditori vittime di racket e usura – spiega – Ho coordinato diverse audizioni, circa 45, dalle quali è emerso tutto il loro disagio. Per quanto riguarda testimoni e collaboratori, anche se sono due figure ben distinte, ascoltandoli è apparso evidente che queste persone vivono da anni in un sistema di protezione che tutto fa fuorché proteggerli».

Piera Aiello ha una biografia significativa. Cinquantatreenne di Partanna, nel 1985, appena diciottenne, fu costretta a sposare Nicola Atria, figlio del boss Vito. Il suocero fu ucciso nove giorni dopo le nozze, il marito sei anni dopo in presenza sua e della loro bambina di appena tre anni. Dopo l’omicidio decise di denunciare i killer e di iniziare la collaborazione con la giustizia, affidandosi al giudice Paolo Borsellino. Fino al 2018, data dell’elezione alla Camera, ha vissuto sotto un’altra identità. Nel 2019 è stata inserita dalla Bbc nella lista delle 100 donne più influenti al mondo.

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mercoledì, 2 Settembre 2020 - 16:08
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