Camorra, ucciso mentre accompagnava il nipotino a scuola: inflitti 7 ergastoli, pena più bassa per il boss pentito D’Amico

omicidio MIgnano
L'omicidio di Luigi Mignano, ucciso nel rione Villa a San Giovanni a Teduccio (foto Kontrolab)

Tutti colpevoli. Tutti colpevoli di avere avuto un ruolo di primo piano, chi come mandante e chi come esecutore, nell’omicidio di Luigi Mignano, ricordato perché si consumò ad un passo da una scuola dell’infanzia a San Giovanni a Teduccio (quartiere alla periferia est di Napoli) e perché si consumò in presenza del nipotino di tre anni della vittima che rimase illeso. Nel pomeriggio di oggi – martedì 8 settembre – il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli ha chiuso il processo con rito abbreviato che vedeva sul banco degli imputati 8 persone, tutti esponenti del clan D’Amico (costola dei Mazzarella) e lo ha fatto accogliendo in toto le richieste di condanna avanzate dalla procura.

Tradotto in numeri, il gip ha condannato alla pena dell’ergastolo il ras Umberto Luongo (braccio destro di Umberto D’Amico e promosso a referente del clan nel comune di San Giorgio a Cremano), Ciro Rosario Terracciano (che anni fa si è fatto tatuare sul polso destro il nome di battesimo del ras Umberto Luongo), Salvatore Autiero, Pasquale Ariosto, Gennaro Improta, Giovanni Salomone e Giovanni Musella. Una pena più bassa, infine, è stata decisa per Umberto D’Amico, il mandante dell’agguato avvenuto il 9 aprile del 2010 in via Sorrento: 14 anni di reclusione. D’Amico è passato a collaborare con la giustizia poco dopo gli arresti scattati il 4 maggio dello scorso anno e il giudice ha riconosciuto all’ormai ex boss le attenuanti previste dalla legge per i pentiti.

Proprio le dichiarazioni rese da D’Amico hanno consentito di mettere l’ipoteca su un’indagine lampo e ben costruita. Fondamentali sono state le intercettazioni ambientali proprio nel quartiere generale dei D’Amico, laddove fu deliberato la morte di Luigi Mignano, cognato del boss Ciro Rinaldi. A seguito degli arresti e della scoperta dell’esistenza di quei dialoghi dal contenuto inequivocabile, Umberto D’Amico ha deciso di passare il guado per scansare una condanna al carcere a vita. Tutti gli imputati sono stati condannati per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dall’uso illegale delle armi e dalla matrice camorristica. Il delitto Mignano, infatti, si inserisce nella guerra tra i D’Amico e i Rinaldi per il controllo delle attività illecite a San Giovanni a Teduccio, una guerra che si trascina da anni con periodi di forte tensione che sfocia in agguati o di minore aggressività.

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martedì, 8 Settembre 2020 - 19:09
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