E’ il momento che l’Italia si doti di una legge contro l’omofobia. Il dibattito, riportato sulle cronache dei giornali dalla vicenda tragica di Maria Paola e Ciro, è stato riacceso ieri dalle dichiarazioni del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. «La gravità dell’accaduto – ha detto il Guardasigilli – impone a forze politiche e Parlamento una riflessione sulla necessità di intervenire d’urgenza». Un’urgenza che sembra mancare. Quando si parla di omotransfobia e di provvedimenti legislativi che la disciplinano. Allo stato in Italia manca l’aggravante dell’omofobia, e la discussione di arena ogni volta in Aula. Allo stato il testo di legge in discussione è la cosiddette ‘legge Zan’, dal nome del primo firmatario, che estende ai reati legati all’orientamento sessuale l’applicazione dell’articolo 604 bis e ter e prevede iniziative di supporto alle vittime di questo reato. Ma di legge sull’omofobia si parla, invano, almeno dal 2002.
«Il Parlamento, che già sta discutendo progetti – dice Bonafede – oggi ha un elemento di responsabilità e riflessione in più. Rispetto le decisioni del Parlamento, ma è importante intervenire». Il caso di Maria Paola Gaglione, dunque, sebbene vada chiarito in ogni dettaglio su dinamica e movente, diventa dunque un possibile apripista su una discussione approfondita e concreta sul tema della omotransfobia. E di omofobia ha parlato dall’altare della chiesa di Caivano in cui ha celebrato i funerali della giovane don Maurizio Patriciello: «Prima dell’orientamento sessuale – ha detto davanti ai familiari della vittima e di centinaia di persone – del colore della pelle, viene la persona». «Ora siamo in Chiesa – ha affermato – il luogo dove l’odio tace. Perdonaci, Paola». Un odio per una relazione osteggiata con un giovane trans che sarebbe invece alla base del gesto del fratello di Maria Paola Michele, attualmente agli arresti. L’uomo, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, avrebbe inseguito a lungo lo scooter su cui viaggiavano la sorella il compagno trans Ciro, fino a speronarlo e farlo cadere. La ragazza è morta battendo la testa su un irrigatore di cemento, il compagno a quel punto sarebbe stato aggredito da Michele. Una dinamica, come detto, da verificare puntigliosamente. Michele Gaglione, già ascoltato dal gip di Nola, resta in carcere. Il suo nome però ieri, giorno dell’addio alla giovanissima sorella, era sul manifesto funebre come se nulla fosse accaduto.
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mercoledì, 16 Settembre 2020 - 08:29
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