Vannini, il pg alla Corte: «Fu omicidio volontario e non colposo, condannare i Ciontoli a 14 anni ciascuno»

Marco Vannini, il 20enne rimasto ucciso da un colpo di pistola esploso accidentalmente dal padre della sua fidanzata

La morte di Marco Vannini, spirato in ospedale dopo ore di agonia trascorse in casa di chi diceva di amarlo come un figlio e non mosse un dito per aiutarlo in modo adeguato, va inquadrata come omicidio volontario: sono le conclusioni alle quali è giunto, questa mattina, il sostituto procuratore generale Vincenzo Saveriano al processo d’appello bis che vede sul banco degli imputati tutta la famiglia Ciontoli.

Il pg ha chiesto la condanna di Antonio Ciontoli a 14 anni di reclusione: fu lui ad impugnare la pistola dalla quale accidentalmente partì il colpo che raggiunse Vannini, e fu lui ancora a ritardare i soccorsi che avrebbero potuto salvare il ragazzo condannato Marco ad un’agonia di circa due ore che si rivelò fatale. La stessa pena è stata invocata per la moglie Maria Pizzillo e per i figli Federico e Martina, quest’ultima fidanzata di Vannini, ma con un’aggiunta: il pg ha chiesto anche di valutare, in subordine, l’ipotesi di concorso anomalo in omicidio, in base all’articolo 116 del codice penale, e condannare i tre alla pena di 9 anni e 4 mesi di reclusione a testa.

Nel precedente processo in Appello Maria Pizzillo e i figli erano stati condannati per omicidio colposo. Per il pg «non può essere considerato il concorso colposo in omicidio doloso, e non è in dubbio che tutti i familiari abbiano aderito al progetto di Antonio Ciontoli».

Il processo bis era stato disposto dopo la sentenza dei giudici della prima sezione penale della Corte di Cassazione del 7 febbraio scorso che aveva accolto la richiesta delle parti civili e del sostituto procuratore generale di annullare con rinvio la sentenza d’appello per la famiglia Ciontoli e disporre un nuovo processo per il riconoscimento dell’omicidio volontario con dolo eventuale. Per l’omicidio del ragazzo, appena ventenne, il 29 gennaio dello scorso anno i giudici della corte d’Assise d’Appello di Roma avevano condannato il padre della sua fidanzata Antonio Ciontoli per l’accusa di omicidio colposo a 5 anni di reclusione contro i 14 che gli erano stati inflitti in primo grado per omicidio volontario, confermando, invece, le condanne a tre anni per i due figli di Ciontoli, Martina e Federico, e per la moglie Maria Pezzillo. 

Era la notte tra il 17 e il 18 maggio del 2015 quando Marco rimase ferito da un colpo di pistola in casa dei Ciontoli, a Ladispoli. La fase drammatica del ritardo nel fare accorrere i soccorsi è stata catturata dalle telefonate che i Ciontoli hanno pure fatto al 118, salvo poi minimizzare al telefono dicendo che il ragazzo si era sentito male dopo uno scherzo, o che si era bucato con un pettine e si era impressionato.

La scorsa settimana al processo è stata sentita come teste Viola Giorgini, la ex fidanzata di Federico Ciontoli, che è stata assolta in Cassazione dopo le condanne in primo e in secondo grado. «Ricordo che eravamo in stanza di Federico – ha detto la ragazza in aula – e ho sentito un tonfo, un rumore come se fosse caduto qualcosa di pesante. Ci siamo avvicinati al bagno ma la porta era chiusa, dentro c’era il padre di Federico e Martina, la fidanzata di Vannini. Antonio Ciontoli ci disse di non preoccuparci». Come riferito dalla ragazza, Ciontoli spiegò ai familiari «che era solo un grande spavento, che si trattava di un colpo d’aria partito dalla pistola. Marco stava avendo solo una crisi d’ansia». «Ci siamo fidati di lui, abbiamo creduto ciecamente alla sua versione. Federico entrò in bagno e uscì portando via la pistola, per metterla in sicurezza. Io rimasi sbalordita», ha detto Viola. 

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mercoledì, 16 Settembre 2020 - 12:02
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