Strage nella Solfatara, chieste condanne sino 6 anni per la morte di una famiglia inghiottita da una buca

Solfatara

La tragedia della Solfatara che costò la vita a madre, padre e al figlio di 12 anni si sarebbe potuta evitare. E’ la conclusione dei pubblici ministeri Anna Frasca e Giuliana Giuliano (sezione VI, “Lavoro e Colpe Professionali”) che oggi hanno chiesto la condanna delle sei persone sul banco degli imputati, ossia i vertici della Vulcano Solfatara. In particolare i rappresentanti dell’accusa hanno chiesto al giudice per le indagini preliminari Egle Pilla della ottava sezione penale del Tribunale di Napoli di condannare a 6 anni di reclusione Giorgio Angarano, 72 anni, legale rappresentante della “Vulcano Solfatara srl”.

Cinque anni e 4 mesi sono stati proposti per i suoi cinque soci: Maria Angarano, 74 anni, Maria Di Salvo, 70 anni, l’omonima di quest’ultima Maria Di Salvo, 40 anni, Annarita Letizia, 70 anni, di Pozzuoli, e Francesco Di Salvo, 44 anni, di Napoli. Richieste severe, quelle dei pm, se si considera che il processo si sta svolgendo con la modalità del rito abbreviato (formula che prevede lo sconto di un terzo della pena). Sotto processo c’è anche la stessa società in persona del suo legale rappresentante. Agli imputati sono contestati i reati di omicidio colposo in concorso, con l’aggravante della violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e dei danni a più persone, e il disastro colposo, sempre in concorso. I fatti contestati risalgono al 12 settembre del 2017. Massimiliano Carrer e Tiziana Zaramella, coniugi di Meolo (in provincia di Venezia), si trovavano alla Solfatara insieme ai due figli. Lorenzo, 11 anni, si avvicinò a una buca dalla quale fu risucchiato.

I genitori, l’uno dopo l’altro, tentarono di salvarlo finendo a loro volta nella buca. Morirono tutti a causa delle esalazioni. Si salvò solo il bimbo di 7 anni, che assiste alla tragedia. Come spiegato dai pm durante la requisitoria, è emerso «in modo incontrovertibile» che il piccolo Lorenzo, il primo a cadere nella voragine apertasi sotto i suoi piedi, al momento del crollo non era all’interno di un’area interdetta, ma in un’area liberamente accessibile a tutti i visitatori del sito. Per i pm, inoltre, c’era una diffusa e macroscopica violazione delle più elementari norme di sicurezza, su un sito che, per la sua particolare conformazione, trattandosi di un vulcano attivo, richiedeva la massima attenzione.

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venerdì, 16 Ottobre 2020 - 15:39
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