Ergastolo in contumacia per le stragi di Capaci e Via D’Amelio Matteo Messina Denaro, il boss di Cosa nostra latitante del 1993. La Corte d’Assise di Caltanissetta, presieduta da Roberta Serio, ha condannato Messina Denaro all’ergastolo con una sentenza arrivata dopo 14 ore di Camera di Consiglio che stabilisce le responsabilità della primula rossa mafiosa negli attentati che spazzarono via l’esistenza dei due magistrati simbolo della lotta alla criminalità organizzata Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, vittime insieme alle loro scorte.
Matteo Messina Denaro, considerato il capo della mafia di Trapani e responsabile delle stragi pianificate da Totò Riina, è latitante dal 1993. Secondo l’accusa, sostenuta in aula dal procuratore aggiunto Gabriele Paci, avrebbe determinato all’interno di Cosa nostra «un clima di unanimità senza il quale il capomafia corleonese Totò Riina non avrebbe potuto portare avanti i suoi piani stragisti, se non a rischio di una guerra di mafia».
«Non è sostenibile – ha affermato Paci durante la requisitoria, conclusasi con una richiesta di condanna all’ergastolo per il padrino latitante – che Totò Riina avrebbe comunque intrapreso quella strada senza avere il consenso di Cosa nostra, perché se ci fosse stato il dissenso dei vertici di una delle province ci sarebbe stata una guerra». La storia di quegli anni, dunque non sarebbe stata la stessa se Messina Denaro non avesse appoggiato la linea del padrino corleonese e se non avesse aiutato Riina a stroncare sul nascere le voci del dissenso interno. Quello che si è concluso ieri sera è il terzo processo che si celebra a Caltanissetta per la strage di Capaci e il quinto celebrato per la strage di via D’Amelio. Nelle altre tranche sono stati condannati a vario titolo capimafia ed esecutori materiali dei due attentati.
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mercoledì, 21 Ottobre 2020 - 09:15
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