Medico romano latitante negli Usa preso nella Locride: gestiva un business da 21 milioni di dollari con gli antidolorifici

carabinieri

Negli Usa gli davano la caccia dal 7 agosto 2019. Il medico romano Luigi Palma, detto ‘Jimmy Palma’, è stato arrestato in Calabria. Gli è stato fatale un normale posto di blocco a Gerace. I carabinieri della compagnia di Locri lo hanno fermato per un normale controllo e dalla banca dati è saltato fuori che Palma era destinatario di un mandato della Corte d’Appello di Roma del 20 maggio 2020, in riferimento al decreto di estradizione verso gli Stati Uniti, emesso dal ministro della Giustizia il 7 agosto 2019. Palma era rientrato a Roma già nel 2017 e proprio nella Capitale era stato arrestato l’anno dopo per effetto dell’inchiesta statunitense. Scarcerato per decorrenza dei termini, dal maggio scorso si era reso irreperibile, quando era stato spiccato nei suoi confronti il nuovo ordine d’arresto dalla Corte d’Appello capitolina.

Negli Usa, insieme ad un altro medico italiano, Palma gestiva due cliniche, in Florida e nel Tennessee, che hanno dispensato illecitamente antidolorifici: ossicodone, ossimorfone e morfina che, secondo l’indagine dell’Fbi che ha portato alla sua condanna, ha garantito al medico e ai suoi soci un giro d’affari di 21 milioni di dollari in nero. Il medico oculista 54enne è accusato di “Pills Mills” che, letteralmente, può essere tradotto come “mulino per pillole”. E’ l’espressione che in Usa, da 20 anni, descrive una struttura illegale che somiglia a una normale clinica del dolore, ma prescrive antidolorifici (narcotici) senza anamnesi, monitoraggio medico o documentazione.

L’inchiesta nella quale Palma rimase coinvolto risale al 2018, quando sotto accusa finirono oltre 100 spacciatori collegati a gruppi di pazienti che si presentavano nelle cliniche gestite dalla “Urgent Care & Surgery Center Enterprise”, la società dei medici romani Luigi Palma e Luca Sartini. Il sistema – secondo quanto accertato dagli inquirenti statunitensi – era semplice e prevedeva che i pazienti, il più delle volte tossicodipendenti, tenessero una parte dei farmaci loro prescritti dando il resto agli spacciatori che avevano pagato le loro visite mediche. Gli oppiacei finivano così nel mercato nero e «circa 700 pazienti aziendali UCSC sono morti – è scritto nell’atto d’accusa – e una percentuale significativa di quei decessi, direttamente o indirettamente, sono stati il risultato di un sovradosaggio di stupefacenti prescritti».

lunedì, 26 Ottobre 2020 - 10:06
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