Conte firma il Dpcm e dà il via libera al testo ma mancano gli allegati su quali regioni saranno ‘zone rosse’

giuseppe conte
Giuseppe Conte

Le firme del premier Giuseppe Conte e del ministro della Salute Roberto Speranza sono state apposte. Il Dpcm che fa ripiombare l’Italia nel lockdown (totale o parziale, a seconda dei casi) è stato pubblicato sul sito della presidenza del Consiglio dei ministri intorno all’una del pomeriggio. Venticinque le pagine di cui si compone, alle quali vanno aggiunti diversi allegati che però sino alle 14.15 non erano disponibili sul sito della presidenza del Consiglio dei ministri. Visibile un solo allegato, contenente misure e accordi ‘chiuse’ il 12 ottobre (come si evince dalla chiosa del testo) e peraltro ampiamente superate (si parlava ancora della regolamentazione delle feste legate a matrimoni e battesimi, che sono state di recente cancellate). 

L’attesa, dunque, non conosce fine. Ad ogni modo è possibile tracciare un bilancio complessivo delle nuove misure, a partire soprattutto da cosa comporterà il lockdown studiato per questa seconda cruenta fase dell’emergenza. Nel Dpcm si fa riferimento esclusivamente a due scenari, quello 3 e quello 4. Con l’ultimo che è ovviamente lo scenario più preoccupante sul fronte dei contagi e che si può assimilare alla cosiddetta ‘zona rossa’. Per le regioni che rientreranno nella ‘zona rossa’ vi sarà un ritorno al lockdown della prima emergenza, con qualche distinguo. Ad esempio le attività di ristorazione potranno restare aperte ma solo per esercitare consegne a domicilio o asporto: si aprirà alle 5 del mattino e si chiuderà alle 22. Chiudono, invece, tutti i negozi al dettaglio, ad esclusione ovviamente delle farmacie, parafarmacie, generi alimentari e di prima necessità, edicole, tabaccai e un lungo elenco di altre piccole attività che furono già salvate nel primo lockdown perché ritenute indispensabili. Qualche esempio: restano aperti i negozi per neonati, le ferramenta, tutti quelli che vendono prodotti edili necessari alla ristrutturazione degli immobili, i negozi che vendono prodotti per la cura e l’igiene del corpo, quelli che vendono computer, periferiche, attrezzature per le telecomunicazioni, elettronica di consumo audio e video, elettrodomestici.

Chiudono, invece, tutti gli altri. Vale a dire i negozi al dettaglio, il che include gli esercizi commerciali di abbigliamento ma anche parrucchieri e barbieri, nonché centri estetici. Più nello specifico il Dpcm regola la sospensione dei «servizi per la persona». Anche per l’attività motoria consentita in forma individuale ci saranno limitazioni: sarà possibile esclusivamente in prossimità di casa e indossando la mascherina. Stretta anche sulla scuola: potranno frequentare in presenza esclusivamente i bimbi della scuola per l’infanzia, della scuola primaria e quelli della prima media. Per tutti gli altri, incluse Università e Istituzioni di alta formazione artistica musicale e coreutica, vi sarà obbligo di didattica a distanza. Nessuna restrizione, invece, viene previsto per gli uffici (anche privati) come accaduto nel primo lockdown: il lavoro non si ferma, ma viene comunque consigliato il ricorso allo smart working. Per quanto riguarda, invece, gli spostamenti non si potrà uscire né dal territorio regionale ma neanche dal comune dove si vive se non per motivi di necessità, salute e lavoro, e ovviamente per accompagnare i figli a scuola. 

Con lo scenario 3, che abbraccia sempre aree ad alto rischio ma con un’incidenza di contagio più lieve rispetto allo scenario 4, c’è qualche concessione in più. Ma assai lieve. Resta fermo lo stesso divieto di spostamenti (tra comuni e fuori regione) e le attività di ristorazione potranno operare solo in regime di asporto e delivery. Per il resto nessun altra attività risentirà della chiusura. Tradotto: i negozi di abbigliamento resteranno aperti, al pari di parrucchieri e barbieri. Questo sempre che gli enti regionali non decidano diversamente. 

C’è poi un punto che riguarda la valutazione degli scenari: ogni 15 giorni si ragionerà sull’incidenza della diffusione del contagio e, nel caso in cui la situazione migliorasse, la regione in questione passerebbe nello scenario meno grave ottenendo così una progressiva riapertura.

Infine ci sono misure che riguarderanno tutta Italia, indipendentemente dalla divisione per aree di rischio. A partire da domani, 5 novembre, si fermano anche i musei, che erano sopravvissuti alla tagliola dell’ultimo Dpcm che invece si era abbattuto sui teatri e su altri luoghi di cultura.  

Si potrà continuare ad andare a messa – a differenza di quanto accadde nel primo lockdown – ma «il legale rappresentante dell’ente» deve individuare «la capienza massima dell’edificio di culto, tenendo conto della distanza minima di sicurezza, pari a un metro frontale e laterale». «L’accesso alla chiesa – si legge – resta contingentato da volontari e/o collaboratori. Laddove la partecipazione attesa dei fedeli superi significativamente il numero massimo di persone consentite si consideri l’ipotesi di incrementare il numero di celebrazioni liturgiche». Il testo inoltre, prevede che «coloro che accedono ai luoghi di culto per le celebrazioni liturgiche siano tenuti a indossare mascherine».

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mercoledì, 4 Novembre 2020 - 14:18
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