Juve-Napoli, doppio schiaffo agli azzurri dalla Corte d’Appello della Fgic: «Ha precostituito un alibi per non giocare»


E’ uno schiaffo in pieno volto quello che la Corte d’appello della Figc assesta al Napoli: non solo viene di fatto confermata la sconfitta a tavolino contro la Juventus per non avere raggiunto il campo di calcio dopo lo stop dell’Asl, ma la Corte mette per iscritto che il Napoli ha cercato in tutti i modi di saltare la partita coi bianconeri arrivando finanche a «precostituirsi un ‘alibi’ per non giocare». Parole pesantissime che mandano su tutte le furie il club azzurro, che ha già in cantiere l’ulteriore ricorso alla giustizia sportiva:
«La sentenza getta ombre inaccettabili sulla condotta della Società trascurando documenti chiarissimi a suo favore e delegittima l’operato delle autorità sanitarie regionali – scrive il Napoli – La SSCN ha sempre perseguito valori quali la lealtà e il merito sportivo». Valori che la Corte d’appello della Figc ha appunto messo in discussione.

«Il fine ultimo dell’ordinamento sportivo è quello di valorizzare il merito sportivo, la lealtà, la probità e il sano agonismo. Tale principio non risulta essere stato rispettato dalla Società ricorrente, il cui comportamento nei giorni antecedenti quello in cui era prevista la disputa dell’incontro di calcio Juventus-Napoli, risulta, teso a precostituirsi un ‘alibi’ per non giocare quella partita», scrivono tra l’altro i giudici di secondo grado. La Corte, presieduta dal giudice Sandulli, rincara quindi la dose affermando che quella di non partire è stata «una scelta volontaria, se non addirittura preordinata», e non invece una scelta causata da forza maggiore (come le lettere di stop ricevute dall’Asl per le positività di Elmas e Zielinski). Perché, è parere della Corte, lo ‘stop’ dell’Asl non ha alcuna valenza a fronte dei protocolli federali.

«La ragione – si legge – per la quale una Società di calcio professionistico, ben consapevole del contenuto dei Protocolli federali debba chiedere lumi sulla loro applicazione alle Autorità sanitarie è difficile da comprendere e a tale condotta non può che attribuirsi altro significato che quello della volontà della Società ricorrente di preordinarsi una giustificazione per non disputare una gara che aveva già deciso di non giocare». Non solo: i giudici bacchettano pure gli uffici di gabinetto della Regione Campania che hanno inviato la lettera di stop, sostenendo in estrema sintesi che hanno agito senza avere alcun titolo nella vicenda. «Non si comprende il (loro, ndr) coinvolgimento atteso che gli stessi svolgono un ruolo di diretta collaborazione nei confronti del Presidente della Giunta regionale ma non hanno competenze e cognizioni tecniche in materia sanitaria», sottolineano i giudici. Che ricordano come i consociati dell’attività sportiva «non sono legittimati a farsi le regole da soli ma sono tenuti a rispettare quelle fissate dalle Autorità federali competenti» e che quindi «il comportamento tenuto non risulta rispettoso delle altre Società di Serie A, che in situazioni del tutto analoghe ma in alcuni casi, anche ben più critiche, hanno, regolarmente, disputato gli incontri».

Per la Corte, dunque, è evidente che vi fu «dolo di preordinazione» e che il Napoli abbia orientato «il proprio programma volitivo allo scopo di commettere il reato o prepararsi una scusa». Per la Corte gli indizi sulla volontà del Napoli di non partire sono: «la reiterazione delle richieste di chiarimenti sulle conseguenze derivanti dall’isolamento fiduciario del gruppo squadra, la cancellazione, fin dalla serata del giorno prima del match del volo charter ma, soprattutto, l’annullamento della prenotazione dei tamponi che avrebbero dovuto effettuarsi, secondo le previsioni del Protocollo, nel giorno della gara». Impossibile, stando così le cose, ‘perdonare’ gli azzurri: accettare la tesi del Napoli, è la conclusione della Corte, «porterebbe a frustrare, totalmente, la motivazione posta a fondamento dei Protocolli federali in tema di gestione delle gare e degli allenamenti delle squadre professionistiche di calcio in tempo di COVID-19, ovvero quella di consentire, seppure nella criticità della situazione determinata dall’emergenza sanitaria, di svolgere e portare a termine il campionato di Serie A».

martedì, 10 Novembre 2020 - 21:43
© RIPRODUZIONE RISERVATA