Covid in prigione, ‘Il Carcere possibile’ lancia 3 proposte per alleggerire le celle napoletane e annuncia la protesta

Cella Carcere

Rita Bernardini e gli esponenti del Partito radicali sono in sciopero della fame. I garanti di detenuti rilanciano appelli alle istituzioni competenti un giorno sì e l’altro pure. L’ultimo, in ordine di tempo, è di Samuele Ciambriello, Garante campano dei detenuti che si è rivolto direttamente ad Alfonso Bonafede: «Mi dispiace che il ministro della giustizia Bonafede minimizzi quello che sta accadendo nelle carceri, utilizzando parametri e percentuali che secondo lui non segnalano lo stato di allarme pandemico: secondo me servirebbe una tonalità di colore più violenta del rosso per le carceri».

Il Covid-19 dilaga nelle carceri italiane. Lo si evince anche dagli ultimi dati offerti dall’Amministrazione penitenziaria. E la Campania è la regione che per numero di contagiati tra detenuti e agenti della Penitenziaria è messa peggio. Un quadro allarmante che ha spinto l’associazione ‘Il Carcere possibile’, formata da penalisti napoletani, a mettere in campo una giornata di protesta per mercoledì 25 novembre che si terrà all’esterno del carcere di Poggioreale e del Tribunale di Napoli (ingresso piazza Cenni). «Vogliamo chiedere di chiudere il Portone di ingresso degli istituti penitenziari partenopei ed aprire la porta d’uscita» perché «la porta di ingresso al carcere è ancora troppo grande rispetto alla piccola porta “socchiusa” che dovrebbe consentire, di contro, la liberazione di un numero di detenuti sufficiente affinché si ripristinino i requisiti minimi di sicurezza all’interno degli istituti», si sottolinea in un comunicato dell’associazione guidata dall’avvocato Anna Maria Ziccardi.  

«Le Autorità Giudiziarie – rileva il Carcere possibile – non stanno mettendo in campo tutti gli strumenti che già hanno a disposizione per sfoltire la popolazione carceraria in modo da rendere la detenzione compatibile con le istanze di tutela della salute di chi è ristretto negli istituti di pena». Peggio ancora, il ministero della Giustizia prova a svicolare: «Il Ministro Bonafede ha sostenuto che all’interno degli istituti i positivi sono per lo più asintomatici e che, pertanto, non vi sarebbe pericolo. Sul punto, va evidenziato che anche all’esterno del carcere la maggior parte dei contagiati sono asintomatici, eppure non sembra che il Governo abbia dichiarato la fine dell’emergenza epidemiologica», rilevano gli avvocati. Per ‘Il Carcere possibile’ l’unica soluzione, al momento praticabile per alleggerire il sovraffollamento che «impedisce o limita drasticamente ogni tentativo di porre un argine al dilagare della pandemia», è ricorrere agli «strumenti dell’amnistia e dell’indulto».

Quanto, invece, a Napoli dove «si registra una situazione catastrofica», gli avvocati chiedono provvedimenti specifici partendo dalla premessa che qui «vi è ancora l’emissione (seppur ridimensionata) di ordini di carcerazione e l’applicazione di misure cautelari intramurarie che incidono sull’aumento della popolazione detenuta a fronte di una scarsa attività della Magistratura di Sorveglianza Partenopea che, specialmente in questo drammatico momento, avrebbe dovuto ancor più concedere ai detenuti, che ne hanno diritto, sia le misure alternative alla detenzione predisposte dal Governo per il periodo emergenziale sia i benefici penitenziari “ordinari” previsti dall’Ordinamento Penitenziario». 

Le richiesta sono poche e semplice: «bloccare l’emissione di nuovi ordini di carcerazione; ricorrere alla misura cautelare della custodia intramuraria sia limitata ai casi più gravi; far sì che il Tribunale di Sorveglianza si attivi affinché si trattino il maggior numero possibile di procedure relative a detenuti intramurari ai quali concedere una misura alternativa che consenta una rapida uscita dal carcere». «Sappiamo che l’ art. 30 del c.d. Decreto Ristori non ha prodotto alcun risultato, perlomeno nelle carceri napoletane. Nel carcere di Poggioreale, infatti, non si registra alcuna uscita legata all’applicazione di questa norma e dal carcere di Secondigliano un solo detenuto pare ne abbia beneficiato, ma soltanto formalmente, giacché è ancora in attesa del prezioso braccialetto elettronico», concludono gli avvocati. 

lunedì, 23 Novembre 2020 - 13:45
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