Giustizia, Anm nel caos: salta ancora la nomina del presidente. Correnti spaccate, il j’accuse di Albamonte: «Irresponsabili»


«Noi abbiamo fatto il massimo. Se non ci sarà anche da parte degli altri gruppi un’assunzione di responsabilità si arriverà a un esito drammatico ed epocale per la storia della magistratura: la definitiva perdita di credibilità». Eugenio Albamonte, segretario di ‘Area’ (la corrente di sinistra delle magistratura), è arrabbiato.

L’Associazione nazionale magistrati, che ad ottobre si è rinnovata e ha eletto i suoi nuovi 36 componenti, non ha ancora un presidente né una giunta questo perché non ci si riesce a mettere d’accordo sulle nomine. Ieri, domenica 22 novembre, è andata a vuoto l’ennesima votazione. E’ la quarta volta in un mese. Il che ha costretto tutti ad un nuovo appuntamento, stavolta fissato per il 5 dicembre. Se le toghe non troveranno un accordo neanche in questa nuova data, i magistrati dovranno tornare alle urne con tutto ciò che ne consegue in termini di immagine. 

Il punto è che manca una maggioranza: come è noto i due schieramenti che hanno ottenuto più voti alle elezioni per l’Anm sono agli antipodi: da un lato c’è Area, la corrente più votata e che conta 11 componenti, dall’altro lato c’è Magistratura indipendente (corrente di centrodestra e più moderata), che conta 10 componenti. Nel mezzo ci sono le altre tre correnti (Unicost, con 7 componenti; Autonomia & Indipendenza; e il neonato movimento ‘Articolo 101’) che potrebbero fare da ago della bilancia, ma al momento sembra proprio che la sintesi non si trovi.

A nulla è servito anche il passo indietro che Area era disposto a fare pur di uscire dall’impasse: benché la corrente sia uscita vincente dalle urne e benché il magistrato più votato sia stato un suo componente, ossia Luca Poniz (al quale dunque spettava quasi di diritto la presidenza), Area ha messo sul piatto un passo indietro sulla presidenza perché ravvisava un’ostilità verso Poniz e ha proposto di affidare la leadership a Alessandra Maddalena, la prima degli eletti di Unicost. Ma neanche questa soluzione ha fatto centro. Di qui la decisione di Area non presentare alcuna candidatura alla votazione tenutasi ieri per lasciare campo libero agli altri. Sono dunque arrivate le candidature di Andrea Reale di Articolo 101 e di Aldo Morgigni di Autonomia e Indipendenza, ma non si è raggiunto il numero sufficiente queso perché i gruppi si sono trovati spaccati sul documento programmatico, frutto del lavoro di un tavolo al quale hanno partecipato tutti i gruppi tranne Articolo 101 (che si era limitato a girare un proprio testo programmatico) e che doveva essere alla base della formazione di una giunta se non unitaria il più possibile allargata. Il documento rappresentava una sintesi delle differenti proposte dei singoli gruppi su temi chiave: dalla questione morale in magistratura, esplosa in maniera deflagrante con il caso Palamara, alla riforma elettorale del Csm; dai carichi di lavoro per i magistrati al nodo della “politicità” dell’Anm. Quando è stato chiaro che Articolo 101 non avrebbe mai votato quel documento, Autonomia e Indipendenza, la corrente fondata da Davigo che alle ultime elezioni ha visto erodere i propri consensi proprio dal nuovo movimento, ha scelto di percorrere la stessa strada. L’effetto domino è stato inevitabile: Magistratura Indipendente, preso atto della situazione «radicalmente cambiata, con due componenti che si sono sfilate» ha annunciato la propria astensione «nella speranza che si possa ricostituire una più larga condivisione degli indirizzi programmatici». A quel punto anche Area ha deciso di fare altrettanto, vista la «mancata convergenza di Mi e A&I sulla bozza programmatica, alla cui stesura avevano partecipato, che ci fa prevedere che non c’è una maggioranza sufficiente». 

Così, quando si è arrivati al momento del voto sulle candidature proprio di due rappresentati di ‘Articolo 101’ e ‘Autonomia & Indipendenza’, le correnti più forti hanno votato scheda bianca (28), mentre i voti regolarmente espressi sono stati 8 divisi equamente tra i due competitors.

E’ uno stallo senza precedenti. Che rischia di risucchiare la magistratura, già con le ossa rotta per via dello scandalo Palamara. «Sarebbe una debacle: occorrerebbero nuove elezioni e allora verranno a votare si e no 6mila colleghi – osserva Albamonte con l’Ansa – Il che vuol dire che l’Anm muore. Chi oggi non si prende la responsabilità mira a distruggere l’Anm per farsi il sindacatino degli stipendi». 

lunedì, 23 Novembre 2020 - 10:54
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