Il 2020 è ormai alle porte. Se ne va un anno funesto, che ha piegato il mondo intero sia dal punto di vista sanitario che economico e che s’è lasciato una scia impressionante di vittime. Dal 2021 ci si aspetta il ‘riscatto’, l’uscita dal tunnel della paura di restare contagiati (e di prendere la forma più aggressiva del virus) e di restare soli e isolati nell’attesa di combattere il Covid, la rinascita economica dopo la crisi, feroce e profonda, che ha provocato la chiusura di azienda e la perdita di posti di lavoro e che ha depauperato anche grossi gruppi imprenditoriali. Eppure la tanto agognata ripresa non sarà né automatica né veloce. Benché da ogni dove si guardi al 2021 con fiducia e speranza, la sola certezza è che il 2021 – almeno in Italia – comincerà così come finirà il 2020. In zona rossa, tanto per cominciare. Il Paese intero oggi è in (semi) lockdown e lo sarà anche domani, il calendario segnerà la data del 1 gennaio. Per tutta la durata delle feste, ad eccezione del 4 gennaio, la zona rossa limiterà gli spostamenti e le attività possibili.
Dal 7 si tornerà a respirare, ma non come ci si aspetterebbe. Il sistema delle ‘aree di rischio’, ossia quella diviso per colori, resterà in vigore. Ciò significa che a ridosso della Befana, il ministero della Salute potrebbe comunicare i nuovi ‘colori’ delle regioni, con le conseguenze del caso. Lo stesso premier Conte, in occasione della conferenza stampa tenuta ieri 30 dicembre a Villa Madama, ha precisato che «il sistema rimarrà questo e cioè con il monitoraggio del sistema a fasce», salvo poi precisare che si potrà ricorrere ad un ulteriore giro di vite in caso di quadro di contagi preoccupante («Se vedremo che c’è un livello di maggiore contagiosità dovremo operare dei ritocchi»). Il peggio, dunque, non è passato. Né c’è da farsi illusioni dopo l’avvio della campagna di vaccinazione grazie all’arrivo delle dosi fornite dalla casa farmaceutica Pfizer. Per capire l’impatto del farmaco, occorreranno mesi ma soprattutto bisognerà capire in che percentuale gli italiani rispondere all’invito delle istituzioni a vaccinarsi nell’interesse personale e della comunità: la sensazione è che una larga maggioranza tenderà a temporeggiare, se non a desistere, a causa di una sfiducia nell’efficacia di un vaccino approvato in tutta fretta.
A peggiorare la situazione vi è anche la circostanza che a fare resistenza sono anche persone ricadenti nelle fasce più delicate, come operatori sanitari, operatori delle Rsa e dipendenti del pubblico impiego. Non a caso il Governo e lo stesso premier Conte sono stati compulsati sull’opportunità di rendere obbligatorio il vaccino. Ma Conte, in conferenza stampa a Villa Madama, ha chiarito che «escludiamo la vaccinazione obbligatoria».
«Lasciamo che parta la campagna vaccinale. Vediamo il riscontro che ci sarà. Confidiamo di poter raggiungere una buona percentuale di popolazione anche su base facoltativa. Cercheremo con la persuasione di arrivare a tutti – ha puntualizzato Conte – La prima fase si potrebbe completare verso aprile, significa raggiungere 10-15 milioni di vaccinati e avremo un primo impatto, non l’immunità di gregge, quindi potremo in estate non avere ancora risolto il problema della pandemia».
E’, invece, possibile il rilascio di una sorta di ‘patentino sanitario’ per chi farà il vaccino: «Ci sono alcune proposte e tra queste che chi si sottopone a vaccinazione possa avere una sorta di abilitazione per una maggiore mobilità. Faremo questa valutazione anche se non abbiamo ancora deciso nulla in questa direzione», ha detto il premier.
Dunque tante incertezze e nessun punto fermo, almeno non nell’immediatezza. Si continuerà a navigare a vista con la scuola, una delle noti dolenti della gestione della crisi sanitaria da parte del Governo. Il 7 gennaio le scuole superiori ripartono con la didattica in presenza ma al 50% e questo scenario andrà avanti sino al 15 gennaio. ««In pochi giorni i tavoli guidati dai prefetti hanno permesso di elaborare misure specifiche, territorio per territorio, e subito operative. Un lavoro di squadra di cui andare fieri. Nell’unico interesse di studentesse e studenti», ha dichiarato il ministro Azzolina. Tuttavia vi sarà sempre la possibilità di vedere ribaltata questa decisione: tutto dipende sempre dal quadro dei contagi e, cosa non di poca importanza, dalle eventuali decisioni dei governatori regionali.
«Siamo pronti a riaprire le scuole superiori il 7 gennaio ma con attenzione alle variabili che potranno accadere dopo l’Epifania. Non cambierà nulla rispetto a quello che abbiamo vissuto prima del periodo natalizio con il monitoraggio dei 21 parametri, quindi se saranno necessarie azioni, laddove i contagi saranno più fuori controllo si ritornerà a quel sistema. Dobbiamo abituarci a uno stop and go, questa sarà la nostra routine e andremo avanti cosi’ per gran parte del 2021», ha detto detto il viceministro della Salute Pierpaolo Sileri a Timeline su Sky Tg24. In Campania è già certo che il 7 gennaio gli alunni resteranno a casa.
giovedì, 31 Dicembre 2020 - 17:41
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