Napoli, rider rapinato: il ‘mea culpa’ per evitare la condanna. L’avvocato: «A loro sembrava un fallito, è stato bullismo»

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Gianni, il rider circondato dal branco, picchiato e rapinato dello scooter mentre effettuava consegne

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La strada del ‘mea culpa’ è la strategia difensiva già delineata. Troppo il clamore mediatico scoppiato attorno all’aggressione ai danni del rider Giovanni L. per cercare di contestare le accuse formulate dalla procura o per mettere in discussione ciò che non si vede dal video choc, ossia i volti del ‘branco’ che a suon di calci e pugni ha rubato lo scooter a Giovanni mentre questi stava effettuando le consegne.

Allora meglio mettere le mani avanti, ammettere le proprie responsabilità e dire di avere sbagliato perché in tal modo sarà possibile, nel caso dei quattro minorenni coinvolti nella vicenda, puntare alla messa prova: puntare cioè ad ottenere una seconda possibilità mediante un percorso di recupero sotto la supervisione dei servizi sociali allo scopo di evitare il processo e una condanna certa. Ma per convincere procura e gip di meritare un’altra occasione è necessario ‘collaborare’, mostrare pentimento ed essere credibili. Così ecco che i più giovani del ‘branco’ (due hanno 17 anni, gli altri 16 anni) hanno già chiesto scusa nel primo faccia a faccia con la polizia e ora dovranno ufficializzarlo nel confronto con il giudice per le indagini preliminare Marina Ferrara del Tribunale per i Minorenni di Napoli che si terrà giovedì.

Ecco che la mamma di uno dei due sedicenni s’è fatta avanti, mediante l’avvocato, per chiedere scusa al rider ma soprattutto per provare a difendere il figlio, a spiegare che il suo ragazzo non è un criminale ma un adolescente che si è fatto trascinare dai compagni. S’è fatto trascinare non in una bravata, in uno scherzo di pessimo gusto ma in un pestaggio vigliacco durato ben un minuto. «La sua famiglia è distrutta, lui è figlio di gente perbene, non di delinquenti. La madre mi ha detto di voler subito chiedere scusa alla vittima di quelle violenze», ha commentato l’avvocato Carlo Ercolino all’Ansa.

Il legale poi ha già anticipato la linea difensiva: «E’ stato un episodio assolutamente deprecabile e intollerabile – dice ancora l’avvocato – ma, per le modalità con le quali è stato portato a termine, più che a una rapina somiglia a un atto di bullismo, perpetrato dal branco nei confronti di un uomo che a 50 anni, per dare da mangiare alla sua famiglia, si è piegato a fare un lavoro da ragazzino. Ai loro occhi deve essere sembrato un fallito e forse proprio per questo, complice il contesto e l’ignoranza, hanno deciso di ‘bullizzarlo’, rubandogli, infine, anche lo scooter». Infine, ha insistito l’avvocato: «Gli altri li conosce solo di vista ed ha ammesso le sue responsabilità ma ribadisco che si è fatto coinvolgere. Lui, e secondo me anche gli altri, non sono rapinatori. Sono le modalità dell’accaduto a dimostrarlo».

Oggi, invece, compariranno dinanzi al gip Enrico Campoli i due maggiorenni (entrambi di 19 anni), Michele Spinelli e Vincenzo Zimbetti, ritenuti vicini agli ambienti criminali del clan Di Lauro.

mercoledì, 6 Gennaio 2021 - 07:30
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