Imprenditore coraggio ucciso dai Casalesi, in fuga l’ultimo condannato. La rabbia dei familiari, Ruotolo ‘interroga’ i ministri

L'imprenditore Domenico Noviello ucciso dal clan dei Casalesi

Il tempo e le procedure di legge sono stati dalla sua parte. Francesco Cirillo, condannato in via definitiva a 30 anni di carcere per l’omicidio dell’imprenditore Domenico Noviello, è in fuga. Quando pochi giorni fa le forze dell’ordine si sono recate nella sua abitazione per notificare l’ordine di carcerazione scaturito dalla sentenza della Cassazione, Cirillo non s’è fatto trovare.

La circostanza oggi amareggia, indigna e spinge il senatore napoletano del gruppo misto Sandro Ruotolo a rivolgere una interrogazione urgente ai ministri dell’Interno e della Giustizia. Nell’interrogazione, sottoscritta anche dalle senatrici Loredana De Petris, Paola Nugnes e Valeria Valente, Ruotolo chiede «quali iniziative (i ministri, ndr) intendono adottare per assicurare alla giustizia il latitante Francesco Cirillo, resosi irreperibile dopo la sentenza definitiva di condanna a 30 anni per l’omicidio dell’imprenditore Domenico Noviello» e «se nell’ipotesi si ravvisassero eventuali responsabilità quali provvedimenti pensano di adottare al riguardo?». Sulle ‘eventuali responsabilità’ cui Ruotolo fa riferimento c’è poco da fare, ché la fuga di Cirillo non è certamente il risultato di una ‘soffiata’, quanto piuttosto l’effetto (prevedibile) di un iter di legge che procede più lentamente delle possibili fughe di un imputato.

Doverosa una premessa per inquadrare la fuga di Cirillo e le polemiche che ne sono scaturite: l’uomo era libero su questo processo, nonostante la gravissima accusa di omicidio, e questo perché dopo la prima condanna all’ergastolo venne assolto in Appello. L’assoluzione cancellò anche la misura cautelare. Così Cirillo, che non ha (allo stato) altri problemi con la giustizia, è rimasto libero ad attendere che la giustizia facesse il suo corso. Da libero ha atteso la Cassazione che annullò l’assoluzione e dispose un nuovo processo di secondo grado; ha atteso il secondo processo d’Appello che lo ha condannato a 30 anni; ed ha atteso la nuova sentenza in Cassazione che il 20 novembre scorso ha significato per lui condanna definitiva a 30 anni.

A questo punto l’iter prevede l’emissione di un ordine di carcerazione, che non è ovviamente immediato. Non solo: è facile immaginare che un imputato che tema di essere condannato, si allontani prima del ‘grande giorno’ per evitare di farsi catturare in caso di verdetto sfavorevole. Ecco Cirillo ha sfruttato questa forbice temporale per darsi alla fuga ed evitare di tornare in carcere. Carcere dove quasi vent’anni fa ha messo piede con l’accusa di estorsione a seguito di una denuncia sporta dall’imprenditore Noviello: quell’accusa fu poi il movente del delitto. Nel 2008 il boss stragista Giuseppe Setola, che assurse a capo dei Casalesi, inaugurò una strategia del terrore che costò la vita anche a imprenditori che avevano osato ribellarsi. Noviello era tra quelli che, tempo addietro, aveva denunciato esponenti della cosca, facendoli arrestare e condannare. E per questo pagò con la vita: era il 16 maggio 2008 quando fu ucciso a Baia Verde a Castel Volturno nel Casertano. La fuga di Cirillo non è stata presa bene dai familiari dell’imprenditore Noviello, che hanno atteso 12 anni per vedere definitivamente chiuso il cerchio delle indagini. «La cosa che più mi indigna – ha commentato Massimiliano Noviello – è che nessuno ci abbia avvisato di questa situazione».

Il Comitato don Peppe Diana ed il sindaco di Casal di Principe Renato Natale, ravvisano invece nella fuga di Cirillo «un calo di tensione nella lotta alla criminalità organizzata» e sostengono che la mancata detenzione di Cirillo sia «l’ennesimo segnale che potrebbe fare incrinare la fiducia della società civile». «Sentiamo ancora sulla pelle i brividi della stagione di fuoco del 2008, le morti innocenti, gli arresti eccellenti e gli attentati sventati ma non avremmo mai pensato, dopo un decennio, di dover esprimere timori per una possibile latitanza che si sarebbe dovuta e potuta evitare. E’ evidente che qualche ingranaggio si è inceppato – insistono in una nota congiunta – ma speriamo che la macchina della Giustizia possa tornare ad essere presto efficiente e sicura per tutti. E’ per questo motivo che chiediamo alle forze dell’ordine e alla magistratura una rinnovata convinzione nella lotta alla criminalità organizzata, evidentemente diversa ma non meno infiltrante».

venerdì, 8 Gennaio 2021 - 08:00
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