Lombardia, il biglietto da visita del neo assessore Letizia Moratti: «Ripartire i vaccini in base al Pil delle Regioni»

Letizia Moratti

La lady di ferro della politica lombarda torna in campo presentando un biglietto da visita che fa già riflettere. Letizia Moratti, ex sindaco di Milano oggi tornata in carica come assessore regionale al Welfare sostituendo Giulio Gallera nella Giunta leghista di Attlio Fontana, inizia subito col botto proponendo che le dosi dei vaccini contro il Covid 19 siano distribuite «anche in base al Prodotto interno lordo della Regione». Da due minuti in carica, insomma, è tocca quasi già rimpiangere il gaffeur Gallera, uomo di Forza Italia che ha gestito la dolorosa crisi sanitaria della Regione sin dalla fase 1 e silurato da Salvini. Al suo posto Berlusconi ha fortissimamente voluto Letizia Moratti che ha però scelto un esordio da far impallidire persino certe improvvide uscite di Gallera, sebbene siano poi seguite le precisazioni della stessa Moratti quando ormai però era tardi. L’indignazione era servita.

La dichiarazione del neo assessore alla Sanità lombarda (nonché vice presidente) non è frutto di una estemporanea uscita durante un’intervista, in cui si sa gioca anche un ruolo l’emozione ed è facile non farsi capire. La proposta è contenuta nella lettera con cui Moratti si è presentata al commissario per l’emergenza Domenico Arcuri; nella missiva, in sintesi, ha chiesto che i quattro parametri da tenere in considerazione per la ripartizione dei vaccini anti Covid siano il contributo che la Regione dà al prodotto interno lordo, la mobilità, la densità abitativa, la presenza di zone più colpite dal virus. Il riferimento al Pil è, ovviamente, quello che ha innescato la tempesta che si è poi abbattuto sul neo assessore. Dire che i vaccini vanno distribuiti in base al Pil equivale a dire che i ricchi (come i lombardi) hanno diritto a più dosi rispetto per esempio ai poveri lucani o molisani. Un’uscita che, almeno a una prima lettura, sembra insensata e degna più di un assessore di un Comune della periferia lombarda più cara ai leghisti che di una politica che ha negli anni del mandato da sindaco ha fatto grande Milano (come le è riconosciuto trasversalmente). E un’uscita che sembra pure un paradosso, se si guarda al disastro fatto dalla sanità lombarda, con la connivenza del Governo centrale, in piena emergenza, che ha trasformato la regione più ricca d’Europa in quella più colpita dal virus. Quando si parla di Covid e vaccini, forse, la Lombardia, che ha di recente ammesso anche il fallimento del sistema di sorveglianza dati (per esempio quelli sui contagiati), dovrebbe quantomeno dosare le parole.  Invece non lo fa, anzi. Il presidente Fontana, dando sponda a Moratti, ha pure annunciato un eventuale ricorso contro la zona rossa nel caso in cui non fosse accettata la proposta della sua vice.

Ovvie le reazioni. In primis quella del titolare del dicastero alla sanità.  «Tutti hanno diritto al vaccino indipendentemente dalla ricchezza del territorio in cui vivono – ha replicato il ministro Roberto Speranza –  In Italia la salute è un bene pubblico fondamentale garantito dalla Costituzione. Non un privilegio di chi ha di più». Quando è arrivata la correzione da parte della Moratti, era ormai un po’ tardi. Ma il senso della proposta è stato comunque chiarito. Il riferimento al Pil come uno dei criteri per la ripartizione delle dosi di vaccino anti-Covid suggeriti nella lettera al commissario Arcuri – è stato spiegato dall’assessore –  i cui contenuti saranno oggetto di un confronto in conferenza Stato-Regioni, non è legato al concetto di “ricchezza”, bensì alla richiesta di una “accelerazione nelle vaccinazioni  in una Regione densamente popolata di cittadini e anche di imprese, che costituisce una dei principali motori economici del Paese. «Il concetto – spiegano dall’assessorato – non è quello di dare più vaccini alle Regioni più ricche» ma «se si aiuta la ripresa della Lombardia, si contribuisce in automatico alla ripresa dell’intero Paese». Una ‘pezza’ al buco arrivata quando ormai era troppo tardi, il dibattito era già innescato soprattutto da parte di chi, nell’uscita della lady di ferro lombarda, moglie di petroliere ed esponente di una delle famiglie più potenti e facoltose d’Italia, ha visto in controluce i possibili futuri effetti di una svolta autonomista così tanto agognata da alcune Regioni del Nord. Chiamiamolo biglietto da visita.

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martedì, 19 Gennaio 2021 - 07:27
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