Scuole riaperte in Campania: quel piano della Prefettura lasciato in un cassetto. Trasporti il vero fallimento di De Luca

scuola banchi
di Bianca Bianco

A poche ore dalla decisione del Tar Campania sulla ripresa delle attività scolastiche, la Prefettura di Napoli convoca un tavolo di coordinamento per organizzare la frequenza in presenza che, dal primo febbraio, anche in Campania dovrà riguardare Medie e Superiori, oltre che la scuola Primaria. Il prefetto Marco Valentini ha incontrato – a distanza –  rappresentanti del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, del Ministero dell’Istruzione, degli assessorati regionali a Mobilità e Protezione civile. Obiettivo: riprendere in mano quel dossier operativo di sessanta pagine diffuso lo scorso 23 dicembre quando, secondo le intenzioni del Governo poi disattese, la riapertura delle scuole si immaginava per il 7 gennaio. Un piano articolato che, partendo dall’analisi dei territori, delle città più complesse per densità abitativa, della condizione dei trasporti, suggeriva un piano di intervento molto preciso, stabilendo persino orari di ingresso e uscita e subordinandone l’attuazione anche ai dirigenti scolastici.

Un piano che, alla luce di quello che è accaduto nelle ultime settimane, è rimasto lettera morta. Nascosto in un cassetto e dimenticato, come emerge implicitamente dalla stessa pronuncia del Tar Campania che ha sottolineato la necessità di adottare misure anche sul piano della mobilità che, evidentemente, pur esistendo, sono state disattese.

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In Prefettura, nel corso dell’incontro, «è stata svolta un’attività di monitoraggio sulle previsioni del documento operativo approvato il 23 dicembre scorso – si legge in una nota dell’Ufficio del Governo –  con particolare riferimento agli oneri aggiuntivi per il trasporto scolastico, all’utilizzo dei volontari della protezione civile regionale, nonché alla diversificazione degli orari di ingresso e di uscita dagli istituti scolastici». E ricordiamolo, dunque, cosa prevedeva il dossier della Prefettura di Napoli, relativa ovviamente al solo territorio della Città metropolitana partenopea. Tra le misure richieste, quando si prefigurava che l’ingresso in classe fosse per tutta la platea studentesca, c’era l’ingresso a scuola in orari differenziati: entro le 8 per il 40% degli studenti, dalle 10 per il restante 60%, con la possibilità da parte dei dirigenti scolastici di  disporre, in alternativa, stabilire i doppi turni con ingresso pomeridiano alle 14. Dopo il focus sui territori, in un passaggio si prevede espressamente la implementazione dei trasporti pubblici locali attraverso il «potenziamento del parco mezzi negli snodi critici, la rimodulazione delle linee a bassa frequenza, la predisposizione di servizi aggiuntivi con il noleggio con conducente». Quanto, di queste disposizioni sulla mobilità che costituiscono l’aspetto più importante per il ritorno in classe, è stato fatto?

Tocca chiederselo, visto che ancora i genitori contrari alla didattica a distanza, quelli che stanno raccogliendo pronunce favorevoli sui loro ricorsi come quella di stamattina, si chiedevano lor stessi cosa si stesse facendo sul piano dei trasporti. «Perché ancora non esiste un vero piano per potenziare il trasporto pubblico? – scrivevano su un manifestato lo scorso 7 gennaio – Perché i privati vengono chiamati a sostituire e non a rafforzare un servizio che dovrebbe essere pubblico? Perché non esistono linee dedicate agli studenti? Perché non vengono garantiti a personale scolastico, studenti e familiari test periodici rapidi e gratuiti? Perché non sono stati istituiti center test in ogni municipalità?». Domande rimaste inevase.

Alla legittima volontà di preservare la platea scolastica dal contagio e, implicitamente, anche soggetti fragili e famiglie, la Regione Campania sinora ha risposto solo con ordinanze che hanno trasformato la scuola – fino alla pronuncia di oggi – in uno spezzatino. Prima in classe solo asili e nidi, poi anche seconde e terze elementari, poi, dal 7 gennaio, solo i bambini fino alla terza elementare. C’è voluta una sentenza del tar per riammettere in classe anche i bimbi di quarta e quinta. E una nuova pronuncia per tutti gli altri, ma solo entro il primo febbraio.  Perché secondo i giudici del Tar questi ulteriori dieci giorni potranno servire, finalmente, a organizzarsi. Magari partendo dai piani delle Prefetture.

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venerdì, 22 Gennaio 2021 - 14:45
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