L’odiosa truffa ai danni della nonne scoperta dalla polizia: si fingevano nipoti e malati di Covid per derubarle. Nove arresti

Una donna anziana salvata dai vicini a Trecase

‘Cara nonna’, in polacco ‘Droga Babciu’ si chiama l’operazione della polizia di Novara che questa mattina ha notificato 9 misure cautelari e 13 decreti di perquisizione personale e locale nell’ambito di una articolata indagine contro le truffe ai danni di persone anziane. L’inchiesta, coordinata dalla Procura novarese, ha scandagliato nel sottobosco delle truffe telefoniche scoprendo l’esistenza di una vera e propria associazione a delinquere formata da italiani e polacchi dedita ai raggiri. Vittime privilegiate, le donne anziane, appunto le ‘nonne’ che, raggirate fingendosi i ‘cari nipoti’, si vedevano sottrarre cospicue somme di denaro.

Le vittime hanno un’età compresa tra i 60 e i 95 anni, la base logistica dell’organizzazione era in Polonia mentre la ‘centrale’ era a Novara. Secondo quanto accertato dagli inquirenti, gli anziani venivano contattati a telefono da persone che si fingevano figli o nipoti. Un meccanismo attuato in maniera seriale e utilizzando sempre lo stesso modus operandi: a telefono il finto figlio o nipote diceva all’anziano parente di avere causato di un incidente stradale o addirittura di avere contratto il Covid e di avere quindi bisogno di soldi in maniera urgente. Il malcapitato si mobilitava quindi per racimolare la somma così da evitare l’arresto o aiutarlo a sostenere le spese per la malattia. Una tecnica odiosa, purtroppo andata spesso a buon fine.

Successivamente all’opera di convincimento da parte del “telefonista” in danno della ignara vittima, veniva inviato presso l’abitazione di quest’ultima un complice del gruppo criminale, uomo o donna che, spacciandosi per il “segretario di un notaio” o per il “personale sanitario”, passava dal malcapitato di turno per ritirare il ricco bottino costituito da denaro o da oggetti in oro.

Spesso nemmeno i sospetti di qualche vittima hanno impedito il compimento del reato: nel momento in cui dubitava di quanto le veniva comunicato e cercava di contattare un parente o le forze dell’ordine per comprendere se fossero reali i fatti appresi, otteneva una risposta sempre da parte di un componente del gruppo criminale. I truffatori, infatti contattavano le vittime sul telefono fisso dell’abitazione e non interrompevano la loro prima comunicazione tenendo, di fatto, la linea occupata anche per delle ore. In questo modo, qualora le ignare vittime avessero provato, utilizzando la medesima utenza fissa invece di un cellulare, a contattare le forze dell’ordine o comunque a comporre altri numeri per chiedere aiuto, “dall’altra parte del filo” vi erano sempre dei componenti del gruppo criminale che li rassicuravano, convincendoli a consegnare tutto ciò che era in loro possesso al fine di scongiurare conseguenze peggiori per i loro familiari.

giovedì, 28 Gennaio 2021 - 11:48
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