Torino, Chiara Appendino condannata per la notte di caos e morte in piazza San Carlo. Il sindaco: «Grande amarezza»

chiara appendino

Doveva essere una serata di spensieratezza. Tutti in una delle piazze più belle di Torino a guardare da un maxischermo l’attesa finale di Champions League: in campo la Juventus e il Real Madrid, collegati da tutto il mondo centinaia di milioni di spettatori, migliaia quelli che avevano deciso di godersi una tiepida serata di giugno in piazza San Carlo, nel cuore del capoluogo piemontese. Quella serata gioiosa si trasformò in tragedia quando alcuni giovani, secondo la ricostruzione che poi venne fatta di quei drammatici accadimenti, innescarono un parapiglia nella folla spruzzando dello spray al peperoncino con l’intendo di derubare i tifosi che stavano assistendo al match.

La folla festante si trasformò in onda che travolse chi non riuscì a scappare in tempo, la serata resterà per sempre nell’immaginario collettivo come una delle pagine più brutte della cronaca cittadina. Morirono due donne: Erika Pioletti, 38enne di Domodossola, deceduta in piazza. Aveva il torace schiacciato; Marisa Amato, mora nel gennaio del 2019 per complicazioni alle vie respiratorie: dalla notte di piazza San Carlo era rimasta paralizzata, aveva 65 anni. I feriti furono 1672.

I responsabili di quella notte di caos, i giovani che usarono lo spray per razziare catenine e portafogli finendo per scatenare il panico, sono stati condannati a 10 anni di carcere. Un altro filone ha riguardato invece coloro i quali dovevano garantire, avrebbero dovuto garantire, la sicurezza in piazza per un evento che avrebbe convogliato migliaia di tifosi.

Ieri si è chiuso anche questo capitolo giudiziario. I cinque imputati, tra cui il sindaco Chiara Appendino, sono stati condannati con rito abbreviato. Per il primo cittadino la condanna a un anno e sei mesi, con sospensione della pena. Diciotto mesi per gli altri imputati; tutti erano finiti alla sbarra con le accuse di lesioni, disastro e omicidio colposi. Gli altri imputati erano l’ex capo di gabinetto Paolo Giordana, l’ex presidente di Turismo Torino Maurizio Montagnese, l’ex questore Angelo Sanna e l’architetto Enrico Bertoletti.

Per il sindaco pentastellato, una giornata difficile che ha voluto commentare a cuore aperto. «La tesi dell’accusa – ha scritto –  oggi validata in primo grado dalla giudice, è che avrei dovuto prevedere quanto poi accaduto e, di conseguenza, annullare la proiezione della partita in piazza. È una tesi dalla quale mi sono difesa in primo grado e che, dopo aver letto le motivazioni della sentenza con i miei legali, cercherò di ribaltare in Appello perché è evidente che, se avessi avuto gli elementi necessari per prevedere ciò che sarebbe successo, l’avrei fatto. Ma così non fu e, purtroppo, il resto è cronaca».

«Non ve lo nascondo, questa tragica vicenda mi ha segnato profondamente. Quei giorni e i mesi che sono seguiti, sono stati i più difficili sia del mio mandato da sindaca sia della mia sfera privata, personale. E il dolore per quanto accaduto quella notte è ancora vivo e lo porterò sempre con me. Con la stessa sincerità vorrei aggiungere ancora una cosa: a questi sentimenti, oggi, si somma anche una sensazione di amarezza.  Perchè se è vero che la carica istituzionale che ricopro comporta indubbiamente delle responsabilità, alle quali non ho alcuna intenzione di sottrarmi, è altrettanto vero che oggi devo rispondere, in quanto sindaca, di fatti scatenati da un gesto – folle – di una banda di rapinatori. Proprio sul difficile ruolo dei sindaci, sui rischi e sulle responsabilità a cui sono esposti, forse andrebbe aperta una sana discussione».

giovedì, 28 Gennaio 2021 - 08:28
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