Il caso dell’imputato che rischia la condanna all’ergastolo ‘da remoto’: chiede di partecipare all’udienza, no del giudice

aula tribunale

La vicenda è raccontata dall’agenzia Agi: un imputato che rischia l’ergastolo e vorrebbe comparire in udienza ma la Corte che impone la presenza solo virtuale, causa Covid. Il caso riguarda un 46enne imputato di omicidio, arrestato dopo sei anni di indagini e condannato in prima grado a 23 anni di reclusione. Il processo è ora dinanzi alla Corte di Appello di Milano, la pubblica accusa ha chiesto l’ergastolo e l’uomo, attraverso il suo legale, ha chiesto di poter prendere parte all’udienza. Ma i giudici di appello hanno negato la partecipazione: il 46enne può comparire in aula da remoto, via Teams.

Simonetta Gianetti, legale dell’imputato, ha spiegato all’Agi: «L’aula del processo è grande almeno 200 metri quadri e dentro, oltre ai giudici, ci dovrebbero stare solo due avvocati e il procuratore generale. Come dire, noi facciamo una festa, siamo tutti lì, ma tu collegati. Quindi, sommessamente ma non troppo, in un’aula che contiene circa 3 bilocali milanesi ci sono tutti, proprio tutti: c’è l’accusatore, la difesa e i giudicanti ma non lui, l’imputato di cui si parla e a cui l’accusatore vuole dare l’ergastolo con l’isolamento diurno?».

«Il sostituto procuratore generale ha chiesto la sua condanna alla detenzione a vita con un foglio di 8 pagine, copia e incolla del primo grado, a fronte delle 250 pagine scritte da me e dalla collega Maria Battaglini – prosegue Giannetti -.  Questo prevede il processo cartolare voluto dal Governo: con un pezzo di carta, senza guardare in faccia i giudici e l’imputato, si può chiedere il carcere a vita con isolamento diurno, una pena accessoria che, secondo quanto già stabilito dal Consiglio d’Europa, dovremmo abolire. Ci hanno insegnato che per le buone maniere non si parla degli assenti – conclude – ma forse non vale nei processi dove si parla della libertà dei prossimi 30 anni di un individuo».

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venerdì, 29 Gennaio 2021 - 10:22
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