Falsi braccianti e fatture gonfiate per avere fondi, arrestato imprenditore. Moglie di un boss figurava tra i finti agricoltori


I finanzieri del Comando Provinciale di Messina hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari  nei confronti dell’imprenditore agricolo L.D., 57 anni, per gli inquirenti contiguo ad esponenti della criminalità organizzata operante nell’area dei Nebrodi ed accusato, in concorso con altri, dell’indebita percezione di finanziamenti pubblici e prestazioni assistenziali e previdenziali riconducibili al cosiddetto “falso bracciantato agricolo” , nonché innumerevoli ipotesi di falso. Il provvedimento è l’evoluzione dell’Operazione Ladybug dal nome della principale società coinvolta, condotta dalle Fiamme Gialle della Tenenza di Patti e che, nel dicembre scorso , aveva già portato al sequestro preventivo disposto dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Messina , di beni per un valore di circa 1,5 milioni di euro .

In particolare, il provvedimento all’epoca eseguito risultava l’epilogo di un’ articolata attività d’indagine , sviluppata dai finanzieri pattesi che aveva consentito di stroncare un rodato meccanismo illecito, grazie al quale diverse centinaia di lavoratori avevano indebitamente conseguito le indennità assistenziali e previdenziali destinate al settore agricolo, con la fuoriuscita dalla casse dell’Inps di oltre 550mila euro. Lo stesso sistema ideato avrebbe consentito anche l’illecita percezione di altri contributi pubblici, ammontanti a circa mezzo milione di euro, concessi dall’Agea per migliorare le strutture aziendali agricole operanti nell’area dei Nebrodi.

Nella frode scoperta risultarono implicate ben 15 società che, sistematicamente, erano risultate dedite all’utilizzo strutturato di fatture “ gonfiate ”, al solo fine di dimostrare ai due enti pagatori, l’Ispettorato dell’Agricoltura di Messina e l’Agea, spese asseritamente riferibili a la realizzazione di lavori agricoli, in realtà mai sostenute. I reati contestati agli indagati, in concorso tra loro, vanno dal falso commesso in atto pubblico sino alla truffa aggravata finalizzata al conseguimento di erogazioni pubbliche e la truffa ai danni dell’Inps. A far scattare la misura cautelare personale, invece, sono state le dichiarazioni rese da due recenti collaboratori di giustizia, entrambi raggiunti dall’ordinanza di misura cautelare in carcere nell’ambito della maxi Operazione Nebrodi che , nel decorso gennaio 2020, ha portato la Direzione Distrettuale Antimafia di Messina a disporre l’esecuzione di 94 ordinanze di custodia cautelare per associazione a delinquere di stampo mafioso, con il contestuale sequestro di oltre 150 aziende.

I collaboratori , appartenenti alla famiglia mafiosa dei batanesi, dopo aver deciso di cambiare vita, tra novembre 2020 ed il recente gennaio 2021, hanno reso importantissime dichiarazioni ai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Messina, anche autoaccusatorie , che hanno consentito di fare piena luce sulle dinamiche criminali della complessa e delicata area dei Nebrodi .

L.D.  secondo le dichiarazioni dei pentiti, sarebbe stato vicino agli ambienti mafiosi locali e si sarebbe rivolto a un boss locale per recuperare manovalanza da impiegare quali fittizi braccianti agricoli su terreni di sua proprietà. Tale richiesta trovava immediata conferma, tale che veniva fittiziamente assunta come bracciante agricola anche la moglie del boss solo per fargli percepire, illecitamente, le indennità spettanti ai braccianti agricoli. Lo stesso collaboratore era un falso bracciante agricolo, tanto da percepire direttamente in carcere gli illeciti emolumenti percepiti, riferiva come analoga qualità fosse riferibile a diversi suoi familiari.

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lunedì, 15 Febbraio 2021 - 10:43
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