Bonus Covid di 600 euro, l’Inps bussa alla porta di sindaci e assessori che l’hanno incassato: dovranno restituirlo

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I sindaci e gli amministratori locali titolari di partita Iva che nella prima fase della pandemia hanno ottenuto il bonus di 600 euro del Governo dovranno restituirlo. E’ quanto ha chiarito il ministero del Lavoro in un parere legislativo in cui si chiarisce che la somma è stata percepita indebitamente in quanto «i gettoni di presenza non sono assimilabili alle indennità di funzione e ai compensi di natura fissa e continuativa corrisposti agli amministratori locali»; il gettone, quando non accompagnato da altri emolumenti connessi alla carica, è una forma di pagamento non continuativo e di modesta entità. Dunque secondo il parere solo gli amministratori locali senza stipendio fisso avevano diritto al bonus di 600 euro, non gli altri. In questi giorni dunque l’Inps sta bussando alle porte dei politici locali, sindaci compresi, per chiedere la restituzione della somma, in tutto circa 2mila beneficiari.

A questa richiesta si oppone l’Uncem, unione delle Comunità montane, che in una nota del presidente Marco Bussone spiega come la richiesta sia fatta «sulla base di un assurdo parere del Ministero del Lavoro che equipara indennità di funzione e gettone di presenza e non distingue le diverse situazioni, concludendo per la incompatibilità del bonus da parte di tutti coloro che hanno un ‘mandato politico’. Si può comprendere per parlamentari, consiglieri e assessori regionali, ma il parere è assurdo per assessori comunali e sindaci, oltre che per i consiglieri comunali che in genere percepiscono gettoni di presenza di poche decine di euro lordi. E in tanti casi, in molti piccoli Comuni non percepiscono rimborsi o gettoni».

Alcuni deputati, come Chiara Gribaudo, Debora Serracchiani ed Enrico Borghi del Partito democratico, anche su sollecitazione Uncem, sono intervenuti in queste ore con il Ministero per porre la questione e chiedere di precisare meglio il parere. E di correggerlo. Critica anche Daniele Belotti della Lega che definisce la richiesta «sconcertante».

 «Siamo di fronte all’ennesima ottusità burocratica – dice Belotti –  Invece di incentivare la partecipazione popolare si mortifica e penalizza chi si mette a disposizione della propria comunità per spirito di servizio, non certo per guadagnare. E’ bene ricordare che il 70 per cento dei 7903 comuni italiani ha una popolazione inferiore ai 5mila abitanti, con indennità per i consiglieri comunali di poche decine di euro l’anno che diventano poche centinaia per assessori e sindaci. Non si può certo pensare che non abbiano diritto per la loro attività professionale, già sacrificata per l’impegno pubblico, ai 1200 euro ricevuti la scorsa primavera».  Belotti ha presentato un ordine del giorno al decreto Milleproroghe affinché si arrivi alla rettifica in particolare per gli amministratori dei Comuni sotto i 100mila abitanti da parte del ministero del Lavoro, oggi affidato al piddì Andrea Orlando.

Il caso dei primi cittadini e degli amministratori percettori del bonus era scoppiato tra mille polemiche nei mesi scorsi. Tra i beneficiari figurava per esempio il sindaco di Campobasso Roberto Gravina dei Cinque Stelle, che spiegò di avere devoluto il bonus al Comune, o il sindaco lombardo di Cagno Federico Broggi, l’ex candidato a sindaco di Firenze Ubaldo Bocci e l’ex vice di Luca Zaia in Veneto Gianluca Forcolin (allontanato dal governatore proprio a causa di questa vicenda, sebbene abbia sempre dichiarato di non averlo chiesto in prima persona e di non averlo incassato).

mercoledì, 17 Febbraio 2021 - 09:17
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