Draghi alla prova della fiducia in Senato, 10 grillini pronti a votare no. Pd, M5s e Leu siglano un’alleanza ‘contiana’


Scocca alle ore 10 l’ora cruciale del Governo Draghi. A quell’ora il neo presidente del Consiglio, che ha giurato sabato scorso, terrà le proprie comunicazioni all’aula del Senato: in serata si concluderà il dibattito e seguirà l’atteso voto di fiducia. Stesso copione domani alla Camera. Per l’ex presidente della Bce che ha già nominato i suoi ministri è in arrivo il sostegno delle forze della ex maggioranza e dell’ex opposizione che hanno aderito al suo progetto: il sì alla fiducia è scontato dal Partito democratico, dalla Lega e da Forza Italia mentre Leu appare ancora spaccata e la situazione più complessa è quella che si registra tra le fila dei grillini. A cercare di saldare gli intenti e con una mossa a sorpresa, ieri Pd, Cinque Stelle e Leu hanno annunciato la formazione di un gruppo interparlamentare che sulla carta deve lavorare anche per consentire il proseguimento del lavoro avviato col secondo Governo Conte. Una mossa spiazzante che sembra preannunciare future alleanza e mette anche un cerotto, vedremo quanto duraturo, sulle tensioni interne a Movimento e Leu.

Gli occhi in particolare puntati sul Movimento Cinque Stelle, all’interno del quale non si sono ancora placati i malumori dell’ala ortodossa, contraria sin dal mandato esplorativo all’idea di un esecutivo guidato da Draghi che accorpasse gli ex ‘amici’ della Lega (con cui sono stati maggioranza all’epoca del Conte uno) e i nemici storici di Forza Italia. Un passo determinante nella storia del Movimento, che si è fondata anche, dagli albori, sull’avversione per Silvio Berlusconi. Proprio il cavaliere è stato tra i registi di un’operazione che nel centrodestra ha portato il suo partito e l’alleato Salvini a convergere sul nuovo Governo. Spetterà ora capire quale anima dei pentastellati prevarrà a Palazzo Madama. Almeno una decina, secondo le ricostruzioni giornalistiche di questi giorni, i senatori grillini che vorrebbero votare no, tra i quali anche nomi di peso come Barbara Lezzi e Nicola Morra. Per ‘sedare’ la ribellione nei giorni scorsi il reggente del M5s Vito Crimi ha incontrato chi si ribella alla nuova pelle del Movimento assicurando che l’appoggio a Draghi sarà critico. Anche in aula Crimi assicurerà che il Movimento vigilerà sul rispetto di quei temi identitari che sono nel Dna dei pentastellati e che alcuni temono possano essere traditi.

La linea del Movimento è comunque decisa. Chi voterà no verrà espulso, chi si astiene no. Una situazione complicatissima perché, nel caso di una quindicina di voti contrari, il Movimento assisterebbe ad un’emorragia troppo forte che potrebbe costargli una scissione. Del resto, dietro le quinte ma non troppo, c’è Alessandro Di Battista, già uscito dal partito e pronto ad accogliere altri delusi.

Ieri intanto, in tarda serata, è stato dato un annuncio che rappresenta secondo i più avveduti una prova tecnica di alleanza: è stato formato un gruppo interparlamentare Pd-M5s-Leu formato da senatrici e senatori dei tre schieramenti «che – si legge in una nota congiunta dei capigruppo al Senato di M5s, Ettore Licheri, del Pd, Andrea Marcucci, e di Leu, Loredana De Petris.
 –  a partire dall’esperienza positiva del Governo Conte II, promuova iniziative comuni sulle grandi sfide del Paese, dalla emergenza sanitaria, economica e sociale fino alla transizione ecologica ed alla innovazione digitale. Con questo spirito, da domani, saremo insieme per rilanciare e ricostruire il nostro Paese». Sull’intergruppo è subito arrivata la benedizione dell’ex premier Conte e l’endorsment di Ettore Rosato di Italia Viva («La scelta di andare verso una coalizione strutturale tra Pd, M5s e Leu, codificata anche nell’intergruppo parlamentare appena annunciato, apre una prateria per chi vuole costruire la casa dei riformisti. Italia Viva c’è e ci sarà. Per il riformismo, contro il populismo» ha twittato il presidente di Iv); critico invece il democratico Matteo Orfini: «Siamo parlamentari del Pd. Pensiamo a rilanciare l’iniziativa del Pd e a farlo uscire da questa assurda subalternità. Intergruppi che guardano al passato hanno davvero poco senso. Pensiamo semmai al futuro». Il centrodestra sorpreso dall’iniziativa rivendica di avere da tempo dato vita a un coordinamento: l’ipotesi di creare una cabina di regia strutturata fra Lega e Fi, lasciando fuori FdI, complicherebbe la costruzione del puzzle delle alleanze alle amministrative, si rileva nei due partiti.

mercoledì, 17 Febbraio 2021 - 08:18
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