La denuncia della pallavolista: «Citata per danni dalla società perché rimasi incinta». Il caso scatena un vespaio

Lara Lugli

E’ una storia che sta indignando l’Italia e facendo molto discutere quella della pallavolista Lara Lugli, licenziata dal suo team dopo avere comunicato di essere incinta. La vicenda è stata raccontata dalla stessa atleta, che ha militato anche in serie A ed è ancora attiva sui campi, attraverso un post su Facebook diventato subito oggetto di discussione e clamore.

La storia
Nel campionato 2018-2019, racconta Lugli, «giocavo per la Asd Volley XXXXX, rimango incinta il 10/03 comunico alla Società il mio stato e si risolve il contratto. Il 08/04 non sono più in stato interessante per un aborto spontaneo. Questa la breve storia triste». A distanza di due anni, e la giocatrice allega gli atti a prova di quanto le sta accadendo, è stata citata per danni, in risposta al decreto ingiuntivo con cui chiedeva l’ultimo stipendio di febbraio alla stessa società. «Le accuse – spiega – sono che al momento della stipula del contratto avevo ormai 38 anni (povera vecchia signora) e data l’ormai veneranda età dovevo in primis informare la società di un eventuale mio desiderio di gravidanza, che la mia richiesta contrattuale era esorbitante in termini di mercato e che dalla mia dipartita il campionato è andato in scatafascio». In pratica, a causa di quella gravidanza la donna è stata citata in giudizio per danni. E questo è accaduto mentre l’Italia celebrava l’8 marzo, la Giornata internazionale dei diritti delle donne.

Le reazioni
Lara Lugli parla senza mezzi termini di «sdegno e volgare incazzatura» alla lettura degli atti; «anche se non sono una giocatrice di fama mondiale – aggiunge – questo non può essere un precedente per le atlete future che si troveranno in questa situazione, perché una donna se rimane incinta non può conferire un danno a nessuno e non deve risarcire nessuno per questo. L’unico danno lo abbiamo avuto io e il mio compagno per la nostra perdita e tutto il resto è noia e bassezza d’animo». Reazioni non sono mancate anche dalla politica; ha parlato di atteggiamento «medievale» la senatrice  Daniela Sbrollini, responsabile del Cantiere Cultura e Sport di Italia Viva, mentre Laura Boldrini (Pd) ha annunciato di volere portare il caso in Parlamento. Per Enrico Rossi, ex governatore Dem della Toscana, si tratta di una «vergogna assoluta» mentre Pina Picierno, parlamentare campana del Pd spera che la vicenda della pallavolista contribuisca a «scoperchiare questo soffitto di cristallo». Solidarietà all’atleta è arrivata anche dalla europarlamentare Rosa D’Amato che parla di «stortura del mondo dello sport dilettantistico femminile», mentre per il deputato  Simone Valente (M5s) «è l’ennesimo episodio che dimostra quanto lavoro ci sia ancora da fare per abbattere definitivamente il gender gap nel mondo dello sport». Le sportive italiane più in vista, come l’ex tuffatrice medaglia olimpica Tania Cagnotto ha deciso di scrivere direttamente al premier Mario Draghi.

La risposta della società
Il presidente della Volley Maniago Pordenone, società chiamata in causa dalla pallavolista, non ci sta però e risponde alle accuse parlando di «verità ribaltata». «Secondo quanto era scritto nel contratto, che ci è stato proposto dalla persona che rappresentava i suoi interessi, in caso di interruzione anticipata – ha spiegato alla stampa – si sarebbero attivate clausole penalizzanti per l’atleta. Di fronte alla maternità ci siamo limitati a interrompere consensualmente il rapporto mantenendoci in costante contatto con la giocatrice anche nel doloroso momento che ha affrontato poche settimane dopo. “Per testimoniarci l’affetto che sembrava legarla all’esperienza in Friuli – aggiunge Rossato – ci ha perfino chiesto di tenere il materiale tecnico come ricordo e noi glielo abbiamo lasciato con piacere. Ad un tratto molti mesi dopo abbiamo ricevuto la comunicazione del suo legale per presunte spettanze. Solo quando ci è arrivata l’ingiunzione di pagamento ci siamo opposti e abbiamo attivato le clausole del contratto. Citare le parole del freddo atto – precisa – serve a farci sembrare dei mostri, quando invece ci siamo solo difesi di fronte alla richiesta di un rimborso non dovuto. Fosse stato per noi, non avremmo mai chiesto nulla. Per far capire la dimensione della società, lo scorso anno con la pandemia abbiamo interrotto l’attività e rinunciato all’iscrizione al campionato successivo».

mercoledì, 10 Marzo 2021 - 10:39
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