Processo ai carabinieri (presunti) infedeli, il generale Paris: «Il militare Acunzo e il boss Casillo ‘condividevano’ le auto»

carabinieri

«Sandro Acunzo e Franco Casillo avevano la disponibilità delle stesse auto. Acunzo si faceva fotografare accanto alle vetture di grossa cilindrata che poi seppi appartenere al narcotrafficante».

Parole del generale dei carabinieri Andrea Paris, che oggi ha deposto come teste dinanzi ai giudici del Tribunale di Torre Annunziata al processo a carico di alcuni carabinieri accusati di essere venuti meno ai loro doveri e che all’epoca dei fatti contestati (2009) erano in servizio presso la compagnia di Torre Annunziata. In quell’anno Paris era il comandante del gruppo carabinieri oplontino, era quindi un diretto superiore dei militari finiti sotto accusa per presunti rapporti opachi con il ‘re’ della droga di Boscoreale Francesco Casillo divenuto protagonista di una controversa, e interrotta, collaborazione con la giustizia. Il generale ha raccontato dei rapporti tra due degli imputati, ossia l’ex comandante del nucleo oplontino Pasquale Sario e l’ex militare esperto nella cattura dei latitanti Sandro Acunzo, e l’ex boss del Piano Napoli di Boscoreale Franco Casillo ‘a vurzella, con il quale i militari – secondo l’impostazione accusatoria – avrebbero barattato, in cambio di favori, informazioni necessarie ad arresti e sequestri eccellenti.

A giudizio con loro per gli stessi fatti anche il carabiniere Gaetano Desiderio, nonché Luigi Izzo e Orazio Bafumi ritenuti vicini all’ex ras del narcotraffico. «Ad agosto 2009 il generale Maruccia mi chiese dei rapporti tra Acunzo e Casillo senza darmi spiegazioni e mi raccontò del sequestro della barca ad Acciaroli» ha dichiarato Paris a cui, in seguito, l’allora maggiore Fabio Cagnazzo che guidava il nucleo investigativo di Castello di Cisterna raccontò delle auto ‘condivise’ con ‘a vurzella. E ancora: «Manzo poi mi aveva fatto visionare delle immagini di un sito internet o di Facebook di tali autovetture».

E proprio per una vicenda riguardante una di queste, un’Audi, Paris chiese ai carabinieri di Sorrento una relazione di servizio su Acunzo: «Il comandante De Bari mi disse che a Piano di Sorrento era stata fermata un’auto di grossa cilindrata. Il guidatore aveva dichiarato di essere un dipendente delle Cantine del Tirone di Acunzo, il quale la utilizzava per trasportare la merce. Seppi dopo che il conducente era Franco Casillo. Chiesi la relazione sull’accaduto, ma De Bari era intimorito dal colonnello Sario e avrebbe preferito non scrivere nulla». De Bari, ha continuato il generale, lo aveva telefonato «per lamentarsi della chiamata da parte di Sario, che gli aveva chiesto i motivi del controllo su Acunzo».

Anche il procedimento disciplinare a carico dell’appuntato, titolare di una quota di Cantine del Tirone contro il regolamento dell’Arma, ebbe un iter «travagliato»: «Guida, che era a capo del procedimento, non prendeva una decisione. Più volte chiesi che venisse portato a termine. Cosa che avvenne quando Sario andò via». Il racconto del generale sul comportamento «sleale» dell’ex comandante, secondo la difesa di quest’ultimo, contrasta con la nota redatta a maggio 2010 dallo stesso teste nei confronti dell’imputato, qualificato come “eccellente” e “di cristallina lealtà”. «Espressioni standardizzate», per Paris.

Sempre nei confronti di Acunzo era destinata la denuncia dello storico avvocato di Casillo, Giovanni De Caprio, attualmente recluso in carcere in seguito alla condanna definitiva per avere curato gli interessi del boss. Il legale provò a contattare Paris tramite l’allora maggiore dei carabinieri Luca Toti, oggi tenente colonnello, estraneo ai fatti: «Non volevo incontrarlo, non era un soggetto affidabile. Gli dissi che se c’era una denuncia nei confronti di un militare poteva andare alla stazione – ha spiegato Paris – Solo dopo appresi che riguardava Acunzo per un’ipotesi di truffa ai danni di Casillo, poiché c’erano state delle richieste da parte del carabiniere nei confronti del boss che gli aveva dato del denaro». Il carabiniere, che aveva un «rapporto poco sereno» con Sario, fu anche deferito al tribunale militare per simulazione di infermità e truffa militare: «Mi ricordo che venne applicata una misura cautelare nei suoi confronti perché non lo trovavamo per diversi giorni. Lo prendemmo in provincia di Verona, mentre si stava recando in Austria».

Durante la deposizione il generale Paris ha anche affrontato l’episodio del sequestro della cocaina al porto di Napoli il cui peso dapprima venne dichiarato in 350 chili e poi in circa 250. «Sario mi disse che Acunzo era andato a portare lo stupefacente a Torre per una cattiva interpretazione delle sue parole e stava tornando indietro. La pesatura venne effettuata presso la caserma oplontina, intorno alle 16». La droga poi venne custodita «al primo piano dello stabile, accanto alle camerate, nella stanza in cui venivano depositati i corpi di reato che era chiusa con una porta blindata. Ad avere la chiave era il colonnello Sario perché era il comandante del reparto, la responsabilità era sua». La cocaina, ha concluso Paris, è stata distrutta solo molti mesi dopo in un inceneritore di Roma.

Sulla prima e falsa collaborazione Casillo con la Direzione distrettuale antimafia il generale ha commentato: «Ha iniziato in maniera incomprensibile ed ha receduto in maniera incomprensibile, almeno per me. Non venne sottoposto ad alcun programma di protezione, manco la famiglia. Altro elemento incomprensibile». Poco chiaro anche il motivo della scelta dell’ex boss: «Era libero e non aveva pendenze. Sario su questo non mi ha dato spiegazioni, però era interessato alla cattura di Umberto Onda e la collaborazione di Casillo poteva essere un grosso aiuto».

martedì, 16 Marzo 2021 - 20:04
© RIPRODUZIONE RISERVATA