A processo per aver dichiarato il falso nell’autocertificazione, assolto. Il gup: «Non esiste l’obbligo di dire la verità»

La polizia verifica che un cittadino abbia l'autocertificazione per poter circolare in questo periodo di limitazione della circolazione delle persone per evitare contagi dal Coronavirus (foto Kontrolab)

«L’obbligo di riferire la verità non è previsto da alcuna norma di legge» e se esistesse sarebbe «in contrasto con il diritto di difesa del singolo» garantito a livello costituzionale. Questa la motivazione con cui il gup del Tribunale di Milano ha mandato assolto un 24enne che, fermato il 14 marzo del 2020 per un controllo, aveva dichiarato il falso alla polizia sostenendo di essere in giro, nonostante le restrizioni, perché di ritorno da lavoro. Ma così non era come ha certificato un agente di polizia successivamente.

I fatti
Quattordici marzo dell’anno scorso. Il ragazzo viene fermato durante un controllo di routine da agenti di polizia alla stazione Cadorna: siamo in pieno primo lockdown, ai cittadini è chiesto di restare a casa se non ci sono comprovate esigenze che rendono necessaria l’uscita. Tra queste, come ormai noto, il lavoro, problemi familiari o di salute. Agli agenti il ragazzo dichiara di trovarsi fuori casa perché di ritorno dal negozio in cui lavora. Passano alcuni giorni, e l’agente di polizia che lo ha sottoposto a controllo scrive una mail al titolare del negozio per chiedere di certificare che quel giorno il dipendente era a lavoro. Il negoziante risponde che no, quel giorno non era di turno. Il malcapitato dunque finisce a processo, un caso non unico da quando la nostra esistenza si accompagna all’autocertificazione che attesta le ragioni dei nostri spostamenti.

La decisione
Inizia il processo con rito abbreviato, formula che in caso di condanna prevede lo sconto di un terzo della pena. La Procura di Milano chiede l’assoluzione perché il fatto non sussiste, e il gup Alessandra Del Corvo decide di conseguenza: l’imputato è assolto dall’accusa di avere dichiarato il falso perché, si legge nel dispositivo, l’obbligo di riferire la verità  «non è previsto da alcuna norma di legge» e, anche se ci fosse, sarebbe «in palese contrasto con il diritto di difesa del singolo», previsto dalla Costituzione. Per il giudice, si legge nella sentenza, «è evidente come non sussista alcun obbligo giuridico, per il privato che si trovi sottoposto a controllo nelle circostanze indicate, di ‘dire la verità’ sui fatti oggetto dell’autodichiarazione sottoscritta, proprio perché non è rinvenibile nel sistema una norma giuridica» sul punto.   Non solo mancano una norma specifica sull’obbligo di verità nelle autocertificazioni da emergenza Covid e pure una legge che preveda l’obbligo di fare autocertificazione in questi casi, ma, sostiene il giudice,  è anche incostituzionale sanzionare penalmente «le false dichiarazioni» di chi ha scelto «legittimamente di mentire per non incorrere in sanzioni penali o amministrative».

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In particolare il giovane, continua la sentenza, non può trovarsi «di fronte all’alternativa di scegliere tra riferire il falso, al fine di non subire conseguenze», ma poi venendo comunque «assoggettato a sanzione penale» per falso ideologico del privato in atto pubblico, oppure «riferire il vero nella consapevolezza di poter essere sottoposto a indagini» per il reato di «inosservanza dei provvedimenti dell’autorità», come accadeva in quel periodo di lockdown. La sanzione infatti in quel periodo era penale, poi trasformata in multa dunque in sanzione amministrativa.

Scegliere tra vero o falso contrasta col diritto di difesa, spiega il gup, altrimenti si dovrebbe sostenere che il privato «sia obbligato a dire il vero» nella autocertificazione pur sapendo che così facendo finirebbe oggetto di indagini per un reato penale o destinatario di una sanzione amministrativa pecuniaria.

Peraltro, continua il giudice,  nei casi delle autocertificazioni per l’emergenza Covid «il controllo successivo sulla veridicità di quanto dichiarato dai privati è solo eventuale e non necessario da parte della pubblica amministrazione» e, dunque, tanti presunti atti falsi possono rimanere privi di sanzioni. Nel caso specifico, la difesa del giovane aveva impugnato il decreto penale di condanna per falso emesso dalla Procura e così si è arrivati a processo in abbreviato davanti al gup. Processo nel quale lo stesso pm di udienza ha chiesto l’assoluzione. Tesi accolta dal giudice.

venerdì, 26 Marzo 2021 - 08:10
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