Lo scandalo dei giornalisti intercettati dalla Procura di Trapani: il ministro della Giustizia Cartabia dispone accertamenti

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Giornalisti intercettati per mesi durante colloqui personali e persino con avvocati, nonostante la procura che quelle intercettazioni le ha disposte non li abbia mai iscritti nel registro degli indagati. E’ il caso esploso dopo l’inchiesta del quotidiano ‘Domani’ e che sta agitando via Arenula e l’Ordine dei giornalisti. La Procura protagonista della spinosa vicenda è quella di Trapani, che stava all’epoca indagando sulle Ong e gli sbarchi di migranti; una delle giornaliste le cui conversazioni telefoniche, anche con altri colleghi, sono state ascoltate, registrate e trascritte è la reporter d’inchiesta Nancy Porsia che si occupa di migrazione e Libia.

Il ministro della Giustizia Marta Cartabia, investita della vicenda che appare di enorme gravità visto che nessuno dei cronisti le cui conversazioni sono finite intercettate, era indagato, starebbe considerando, secondo quanto riporta l’agenzia Ansa, l’invio di ispettori affinché compiano accertamenti sull’accaduto. Un intervento, quello del Guardasigilli, sollecitato a gran voce da parlamentari e dall’Ordine dei giornalisti.

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Carlo Verna, presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, ha dichiarato che «tutte le iniziative a tutela del segreto professionale saranno valutate nelle sedi competenti. L’Ordine Nazionale dei Giornalisti segue con attenzione la vicenda delle intercettazioni che hanno riguardato giornalisti impegnati nel racconto di vicende legate ai migranti e al centro di un’inchiesta della procura di Trapani». Poi l’appello al presidente della Repubblica Mattarella al ministro della Giustizia.

Il caso dei giornalisti intercettati è di estrema. Secondo l’articolo del quotidiano ‘Domani’ firmata dal cronista Andrea Palladino nel 2017 la Procura di Trapani, ha intercettato centinaia di conversazioni non solo di Nancy Porcia ma anche di altri cronisti come Nello Scavo, Francesca Mannocchi e anche cronisti stranieri che erano in contatto con i colleghi italiani. Il caso più eclatante è sicuramente quello di Nancy Porsia, giornalista esperta di Libia e migrazione, della quale, scrive Palladino, sono state intercettate anche le conversazioni con l’avvocato. Inutile dire che, mettendo sotto intercettazione il suo telefono, sono state svelate anche le sue fonti giornalistiche. E tutto questo è accaduto nonostante nessuno dei reporter fosse indagato. Le trascrizioni sono poi confluite nelle trentamila pagine dell’inchiesta che ha portato nel 2016 al sequestro della nave Ong Juventa, battente bandiera tedesca, che secondo le accuse avrebbe concordato soccorsi ai trafficanti di essere umani sulla rotta della migrazione verso l’Italia. Un’inchiesta che dovrebbe portare al rinvio a giudizio di 21 persone, membri di diverse Ong accusate di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

I giornalisti sarebbero stati ascoltati per mesi, sia direttamente che indirettamente; i loro dialoghi coperti da segreto professionale sono stati trascritti, il loro lavoro è finito nei brogliacci dell’inchiesta. In base al Codice di procedura penale i giornalisti non sono tenuti a comunicare all’autorità giudiziaria i nomi delle fonti tranne che in casi molto particolari e solo dopo la decisione di un giudice. Uno «sfregio del segreto professionale» secondo Carlo Verna, una vicenda «inquietante» sottolinea la Federazione della Stampa.

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martedì, 6 Aprile 2021 - 09:34
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