Crollo di rampa Nunziante, la difesa di Manzo: «Nessuna prova di condotte omissive e commissive»

di Roberta Miele

«Dall’istruttoria dibattimentale è emersa la totale estraneità di Aniello Manzo ai fatti». Accusato di avere assunto le funzioni tipiche del direttore dei lavori, sulla testa dell’architetto di interni Aniello Manzo, imputato nel processo per il crollo della palazzina di rampa Nunziante a Torre Annunziata che il 7 luglio 2017 seppellì otto persone, pende una richiesta di condanna a tredici anni di reclusione da parte della procura oplontina. Accuse respinte dalla difesa di Manzo, rappresentata dall’avvocato Francesco Schettino, secondo cui «non c’è alcun riscontro probatorio né per una condotta omissiva né commissiva». Per una questione «nodale»: il momento in cui sono comparsi i segni premonitori del crollo.

«Difronte alla consulenza del professore Augenti i tre tecnici che la sera prima del crollo erano nell’appartamento in cui questo si sarebbe ingenerato (Bonzani, Cuccurullo e Manzo) diventano tre somarelli, tre imbecilli, tre folli, perché nessuno si accorge della presenza di segni premonitori», spiega il legale nell’udienza del 28 aprile 2021. «Non c’era niente da vedere. Giacomo Cuccurullo era considerato uno dei maggiori esperti regionali in materia di edilizia pubblica e privata. Non si può sminuire a tutti i costi la capacità personale di un soggetto che ha lavorato come funzionario per la pubblica amministrazione per la sua bravura. E se non se n’è accorto lui, perché avrebbe dovuto accorgersene Aniello Manzo che non aveva tutte quelle competenze specifiche?». Né tantomeno aveva rimosso il tramezzo che contribuiva a reggere la struttura. «Solo chi provvede alla sua rimozione – spiega – può verificare dal rumore della rottura se il tramezzo collabora alla tenuta dell’immobile».

La difesa di Manzo ne ha anche per i testi escussi a dibattimento: «Materiale ondivago, opinabile». A partire da una inquilina del palazzo che ha dichiarato di avere visto Aniello Manzo parlare con gli operai il giorno prima del crollo. «Poi però vediamo dove è allocata con l’appartamento e ci rendiamo conto che non ha affacci sulla ferrovia, quindi non poteva vederlo», commenta l’avvocato. Quel giorno sul posto, stando alle dichiarazioni di un operaio, c’era un ingegnere alto con i ricci che parlava con Massimiliano Bonzani, architetto e coimputato per gli stessi fatti. Quanto ai rapporti di lavoro Manzo e Bonzani, il legale precisa che si erano interrotti da tempo.

Ma l’attacco più duro è riservato a Mario Menichini, teste che ha raccontato di un presunto incontro tra Manzo e l’avvocato Massimo Lafranco: «Mente e anche in maniera ignobile, si è voluto vendicare per chissà quale astio in una vicenda tragica».
Circa il file riguardante la palazzina scomparso dal computer di Manzo la difesa sostiene che si tratti di un equivoco: «Aniello Manzo è stato quel giorno a scavare. La cartella vuota risulta cancellata in un orario incompatibile con la sua presenza sul luogo. Chi l’ha fatto se ne assuma le responsabilità».

martedì, 20 Aprile 2021 - 11:02
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